Non calzoncelli, ma pasticelle!
Quando arriva il Natale si crea inevitabilmente un’atmosfera che avvolge i sensi: la casa si riempie di luci, colori, ma anche di tanti buoni odori.
È il periodo che più di tutti mantiene in vita una miriade di tradizioni, la maggior parte legate all’arte culinaria e soprattutto alla preparazione di tanti dolci tipici.
Ognuno di noi, infatti, ha nel cuore il proprio dolce natalizio, quello senza il quale non può essere festa e il cui profumo catapulta immediatamente tra meravigliose pagine di Natali passati.
Le tradizioni non sono abitudini: sono storie, sono ricordi, sono simbolo di identità e momenti che scaldano il cuore. Tradizione vuol dire una sola cosa: famiglia.
La mia tradizione natalizia parte dalla mia nonna materna: il 22 dicembre di ogni anno, cascasse anche il mondo, legava ben fermo il grembiule per preparare le sue pasticelle.
Ed è proprio lei il mio dolce natalizio, la pasticella, tipico del territorio campano, diffuso principalmente nella provincia di Salerno ma soprattutto a Battipaglia.
Si tratta di un croccante involucro di pasta frolla che rinchiude un golosissimo ripieno di castagne e cioccolato fondente, aromatizzato con il liquore Strega.
È un dolce elegantissimo, ed è proprio per questo motivo che ha alle spalle lunghi tempi di preparazione e un duro lavoro.
C’è chi immediatamente li pone a confronto con il cosiddetto “calzoncello”, leggermente simili nel gusto ma completamente diversi nell’aspetto.
Infatti, la principale caratteristica, quella che le rende immediatamente riconoscibili, è la loro forma: sono cerchi dal contorno quasi “ricamato”, formato da piccoli bordi che ricordano i petali di un fiore o le punte di una stella.
La preparazione parte dalla cura delle castagne, innanzitutto liberate dal loro guscio, poi lessate e infine ridotte in purea.
Lo step successivo va dedicato alla frolla: un impasto particolare che richiede almeno qualche ora di riposo, tempo prezioso da riservare al ripieno: il sapore delle castagne si unisce a quello del cioccolato e del liquore uniti ad una leggera nota di caffè.
Trascorso il tempo necessario, bisogna stendere la frolla e ricavarne tanti cerchi della stessa dimensione, da ricoprire al centro con il ripieno e poi chiusi da un secondo cerchio.
Da qui prende avvio il lavoro più artistico, quello che richiede una gran dose di pazienza e precisione: sul contorno vanno ricavati tanti piccoli taglietti, da rialzare o da lasciare in basso in maniera alternata.
Ecco perché ciascuna di loro richiede tanto impegno, così da diventare un pezzo unico.
Cosa succede dopo? Lasciarle scivolare nell’olio bollente e una volta cotte innevare la cucina cospargendole con abbondante zucchero a velo.
E sono sempre state un dono: qualcosa da gustare con gioia ma anche da condividere.
Disposte in colorati vassoi natalizi e confezionate con cura, diventano un regalo per tutta la famiglia, forse tra i più significativi. Alle loro spalle c’è il tempo impiegato per realizzarle, la voglia di condividerle, la loro storia e l’immagine viva di tanti ricordi.
Anche quest’anno non farà eccezione: il 22 dicembre, con un sottofondo di canzoni natalizie, legherò ben fermo il mio grembiule e con le mani in pasta, circondata dall’affetto della famiglia, lascerò andare avanti la tradizione per far sì che il Natale sia ancora una volta il nostro Natale.
Il Natale è poesia, nei suoni, nei colori, ma anche nei suoi sapori.
Buona preparazione e… un “dolce” Natale a tutti!
Maddalena D’Angelo
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