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“Città eterna” e… strutture eterne

Passeggiando per le strade della capitale è inevitabile perdersi tra le costruzioni della Roma antica, che da duemila anni resistono al tempo e alle intemperie. 

Difficile spiegarsi come sia possibile ma ora, finalmente, siamo in grado di farlo. 

Sono ben note le indiscutibili capacità architettoniche e urbanistiche dei romani, che si sono cimentati nella realizzazione di ponti, strade, acquedotti, porti e imponenti edifici di varia natura i cui resti sono sopravvissuti a duemila anni di storia. 

Non di rado, parlando di strutture moderne, si finisce per mettere in atto un confronto e tessere un elogio agli antichi romani in quanto grandi maestri di ingegneria.

Privi delle competenze e degli strumenti che oggi abbiamo la fortuna di possedere, con il solo potere dell’ingegno sono riusciti a dare vita a opere che ancora oggi resistono alle dure prove del tempo: il famoso Pantheon, con la cupola più grande al mondo in cemento non armato, è ancora intatto e alcuni acquedotti romani continuano a fornire acqua alla capitale. 

Un affascinante mistero ha da sempre avvolto questi capolavori ma finalmente il segreto della loro longevità è stato svelato

Il merito è di uno scienziato del MIT di Boston, il quale ha scoperto che alla base delle tecniche costruttive dei romani vi è una formula a base di calce viva che permette al cemento di autoripararsi. 

Si tratta di Admir Masic, professore associato di ingegneria civile e ambientale al Massachusetts Institute of Technology, la migliore università nell’ambito della ricerca e nello sviluppo dei materiali. 

A pubblicare lo studio chimico-archeologico di Masic è stata l’autorevole rivista Science Advances dimostrandone la valenza scientifica. 

Lo scienziato spiega che da oltre cinque anni sta conducendo uno studio sul calcestruzzo romano e che la sua ricerca ha portato alla scoperta del procedimento usato dagli antichi per garantire la durabilità dei materiali utilizzati. 

“Si chiama Hot mixing, consiste nell’aggiungere alla miscela di calcestruzzo anche calce viva, che reagendo con l’acqua riscalda la miscela. Questo procedimento porta alla formazione di “granelli” di calce, che poi permettono l’autoriparazione. Funziona così: quando il calcestruzzo moderno si fessura, entrano acqua o umidità e la crepa si allarga e si propaga nella struttura. Con la nostra tecnologia, la fessura si autoripara. I granelli di calce, che sono stati inglobati nel calcestruzzo al momento della presa, con infiltrazione dell’acqua si sciolgono e forniscono gli ioni di calcio che ricristallizzano e riparano le crepe”.

Così lo studioso spiega l’esatto funzionamento del procedimento. 

In realtà la presenza di questi granelli nel calcestruzzo era già nota ma nessuno li aveva mai identificati come responsabili dell’autoriparazione. 

L’intenzione di Masic è sempre stata quella di trasformare le sue conoscenze in un prodotto che fosse utile all’umanità e quella che sembrava soltanto un’idea ha trovato la sua concretezza quando lo studioso ha incontrato Paolo Sabatini, esperto di affari internazionali e appassionato di innovazione. 

Sabatini, stupito dalle parole di Masic, ha deciso di mettere in atto una collaborazione creando un team di studio. Anni di ricerche hanno condotto alla fondazione di DMAT, una startup che sviluppa tecnologie e componenti per creare calcestruzzi durevoli e sostenibili

Il nome “DMAT” sta per “dematerialize”, perché lo scopo è quello di dematerializzare l’ecosistema del calcestruzzo, materiale economico, facile da utilizzare e altamente disponibile. 

Gli unici problemi sono proprio la sostenibilità e la durabilità per cui ciò che Masic e Sabatini intendono fornire è, in realtà, una tecnologia, una formula che consentirà di creare il nuovo calcestruzzo che si autoripara, dura più a lungo e riduce l’emissione di anidride carbonica. 

Questa nuova tecnologia sta sbarcando negli Stati Uniti, grazie alla collaborazione di altri due founder che si sono uniti al progetto: Carlo Andrea Guatterini e Nicolas Chanut

L’obiettivo sarà quello di porre alla base dei procedimenti costruttivi delle ricette innovative che consentano di aumentare la durabilità del materiale e allo stesso tempo di ridurne l’impatto ambientale. 

L’esito di queste ricerche ha dimostrato ancora una volta che la storia e quel passato che ci sembra così lontano sono fondamentali per “costruire” il nostro futuro. 

Maddalena D’Angelo

Leggi anche: Gli antichi romani andavano in vacanza?

Maddalena D'Angelo

Un po' troppo timida, particolarmente sensibile, esageratamente romantica, mi definirei così. Sono Maddalena D’Angelo, classe ’99 e studentessa di Filologia moderna. Parola d’ordine? Creatività. Mi piace trasformare il mondo fuori e mostrare il mondo che ho dentro. Ho sempre vissuto con la penna in mano, con le scarpette da punta ai piedi e con mille idee in testa, ma non sto qui a raccontartele, scoprile leggendo i miei articoli!
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