E che non resta che vagare per Le otto montagne
Con Alessandro Borghi (Bruno) e Luca Marinelli (Pietro) protagonisti dell’adattamento del romanzo di Paolo Cognetti che vede il Premio Strega nel 2017.
Mi avevano detto che era un libro sulla montagna – una storia di amicizia tra due ragazzi – e poi due uomini – così diversi da assomigliarsi. Mi avevano detto trattasi di un viaggio fatto di fughe e di ritorni. Mi avevano detto che aveva vinto il più prestigioso premio letterario italiano, e che, era stato tradotto in trentotto paesi. Tutto vero. Ma è successo tanto altro.
La montagna è un modo di vivere la vita. Un passo davanti all’altro, silenzio, tempo e misura. Ce lo dice Paolo Cognetti, che tra una vetta e una baita ambienta questo romanzo potente.
Il giorno dopo. Così, almeno, funziona di solito. Lo capisco. In tutta sincerità, lo capisco sempre. Conosco bene cosa vuol dire lasciarsi qualcosa-qualcuno alle spalle. Andare avanti, guardare al futuro e non rivangare ciò che era stato. E non rivangare chi ero stata io.
Ma Bruno, il suo Bruno, adesso se n’era andato, e aveva portato via con sé ogni responsabilità che lui aveva verso di lui. E, in una certa misura, sembra strano, e fa anche un po’ ridere, immaginare una mappa. Ecco che, io, ho tracciato una mappa, ma tracciare una mappa non equivale esattamente a immaginare.
Ri-creare. Pietro e Bruno, amici d’infanzia prima e poi uomini, cercano di cancellare quelle che sono le impronte dei loro padri. Bruno, Alessandro Borghi, non può vivere senza le sue montagne: la sua vita è tutta lì. Pietro, Luca Marinelli, cerca ancora il suo posto nel mondo.
Attraverso le difficoltà della vita, i due finiscono sempre per ritornare a casa, sulle montagne: il paesino di Grana, ai piedi del Monte Rosa, è il loro posto. Quello da cui tutto è partito e a cui tutto torna. Il loro posto giusto.
Iniziano qui estati di esplorazioni e scoperte, tra le case abbandonate, il mulino e i sentieri più aspri. Sperimentano amori, lutti, gioie, sofferenze, sapendo di poter contare sempre e comunque, l’uno sull’altro, grazie ad un’amicizia che resiste a tutto, pur dovendosi confrontare coi propri stessi limiti. Bruno è fermo, legato a doppio filo con la sua montagna. Pietro è sempre in movimento, in cerca del suo posto, del suo centro.
Secondo il popolo nepalese, il mondo è una sfera, in cui vi sono otto montagne e otto mari. Poi c’è la montagna posta al centro del mondo. Alcuni sono fatti per viaggiare per le otto montagne, altri per stare fermi sulla montagna centrale.
Per Bruno appare tutto semplice, il suo mondo è fatto di pochi elementi essenziali. Per Pietro l’orizzonte è più complesso e pieno di domande a cui non sa dare una risposta: chi sono, cosa voglio fare, perché sono qui, qual è il mio posto.
Due opposti complementari e un’amicizia che resiste al tempo e alle avversità. È di questa complementarità che vive tutto il film: dell’amicizia autentica tra i due attori che ne vanno ad interpretare i protagonisti, e della loro bravura, ciascuno con le sue specificità.
Marinelli, dà profondità agli sguardi e ai silenzi di Pietro, regalandogli ogni po’ qualche inaspettato, sparuto guizzo, grazie al suo istinto attoriale. Il suo personaggio è forse meno sfidante rispetto a quello interpretato da Borghi, che, ha affrontato un maggior lavoro di trasformazione: dal dialetto, fino all’aspetto, al modo di muoversi e occupare lo spazio. L’esito colpisce per efficacia e aderenza al personaggio.
Van Groeningen e Vandermeersch con Le Otto Montagne danno vita a un film che non piacerà a tutti, perché ha il suo andamento, lento e ricco di silenzi, con una durata di 147 minuti. Somiglia, in questo, al suo protagonista, Bruno, che non accetta compromessi.
L’abbiamo visto al cinema io e G. È da vedere al cinema, per il suo forte impatto visivo e per come riesce a rendere un sentimento estremamente intimo e personale, ma al tempo stesso universale, come l’amicizia.
Prodotto da Wildside, Rufus/Menuetto, Pyramid Productions e Vision, e realizzato con il contributo della Film Commission Valle d’Aosta, Le Otto Montagne è in sala dal 22 dicembre 2022 e in corso.
In certe vite esistono montagne a cui non è possibile tornare. Non si può tornare alla montagna che sta al centro di tutte le altre così come non si può tornare all’inizio della propria storia.
E che non ci resta che vagare per Le otto montagne per chi, come noi, sulla prima e più alta ha perso un amico.
Francesca Scotto di Carlo
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