Emily Dickinson: la poetessa più misteriosa di sempre
Si sa, i poeti hanno sempre avuto una vita al limite del picaresco.
Turbolenti rapporti familiari, duelli e ovviamente intense storie d’amore.
Poteva mancare tutto ciò nella vita di una delle poetesse più famose al mondo?
In realtà sì. La poetessa americana più famosa dell’800 ha trascorso quasi tutta la sua vita in casa, pubblicando, in vita, solo sei poesie.
Ma com’è possibile?
Parlare di Emily Elizabeth Dickinson è un po’ come cercare di catturare l’immagine di un fantasma su una fotografia. Si sa che nessuna ricerca potrebbe restituire un’immagine definita o veritiera, ma la curiosità di una tale indagine non può lasciare indifferenti.
Ed Emily fu proprio questo per i suoi contemporanei: un fantasma.
Nata in una famiglia puritana benestante nel 1830, trascorse gli anni liceali con ben poche amicizie, preferendo agli occasionali viaggi dalle zie la tranquilla vita domestica.
Eppure già iniziano le prime crepe della sua inquieta esistenza. La tranquillità esteriore di Emily non era rispecchiata dalla folgorante forza evocativa dei suoi versi.
Già negli anni precedenti la sua definitiva reclusione, le poesie della Dickinson parlano chiaro: un amore folgorante turbava il suo sonno, un sentimento folgorante tanto più sorprendente se si considera che la poetessa sarebbe rimasta nubile fino alla fine della sua vita e con ogni probabilità anche vergine.
I critici si sono interrogati a lungo sul destinatario segreto delle sue poesie d’amore. Alcuni nomi sono noti, come il reverendo Charles Wadsworth, un amore ricambiato ma concluso prima di concretizzarsi perché il pastore era già sposato.
Ma il nome più misterioso sembrerebbe celare addirittura una relazione omoerotica. A tutti i critici in effetti era ben noto il profondo legame che univa la poetessa con la sua amica e confidente Susan Gilbert.
E le poesie a lei dedicate ricalcano la profondità di un legame d’affetto che appare troppo tormentato ed entusiastico, quasi morboso, per essere di semplice amicizia.
E proprio la morbosità per la morte sarà un’altra costante della grande poetessa, che nei suoi versi non mancherà di esprimere anche forti perplessità per il suo credo religioso, come il conflitto fra Dio e l’esistenza del male.
Queste sue tematiche scottanti assieme all’uso del verso libero con quasi un secolo di anticipo le impedirono una pubblicazione presso qualsivoglia editore famoso. E qui abbiamo un altro aspetto curioso: la grande poetessa non fece mai particolari sforzi per far arrivare le sue infuocate parole al grande pubblico.
Di carattere ribelle ma indecifrabile, dopo un ultimo viaggio a Washington la Dickinson decide volontariamente di chiudersi in casa, per poi arrivare a confinarsi solo nella sua camera, da cui non uscirà più.
Il motivo di tale decisione rimane ignoto tutt’oggi. Alcuni hanno parlato di agorafobia, altri di una qualche forma di epilessia. Ma resta il fatto che questo misterioso esilio fu per l’appunto volontario.
E fu una consacrazione alla morte, poiché da quella stanza Emily non uscì nemmeno alla morte dei suoi genitori.
E quella vita sarebbe passata così, inosservata, se la sorella Vinnie non avesse trovato sotto al letto della defunta un gran numero di poesie.
Quelle poesie ebbero un numero incalcolabile di ristampe, facendo conoscere a tutti la vera Dickinson e ricordando, ora e per sempre che la vita di ciascuno di noi nasconde tesori inesauribili, molti persi nel tempo ma molti altri in attesa solo di essere scoperti.
Santomartino Gabriel
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