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La vita bugiarda degli adulti o la vita che non avevi mai guardato veramente?

Il 4 gennaio è uscita su Netflix la serie in 6 episodi La vita bugiarda degli adulti tratta dall’omonimo romanzo di Elena Ferrante.

Con Valeria Golino, Giordana Marengo, Alessandro Preziosi, Pina Turco. Diretta da Edoardo De Angelis.

Ho letto La vita bugiarda degli adulti tre anni fa, appena pubblicato il libro, come ogni fan accanita della Ferrante che si rispetti. Infatti da quando è uscita la notizia della serie su Netflix, ero in trepidante attesa. In più qui si aggiunge la regia di De Angelis e la partecipazione di Preziosi, artisti che stimo in quasi tutti i loro lavori. Insomma c’erano tutte le premesse per una cosa che mi sarebbe piaciuta sicuramente. Però c’è da dire che il libro non mi aveva entusiasmato particolarmente, quindi ho cercato di guardare la serie allontanandomi dai pregiudizi che mi aveva trasmesso la Ferrante tre anni fa.

Giordana Marengo, l’attrice protagonista, a quanto pare è una ragazza irrisolta, con molte delle caratteristiche di Giovanna. Alla sua prima esperienza artistica, appare priva di qualsiasi sovrastruttura attoriale (ai provini si è presentata con i calzini spaiati) e, proprio per questo, è piaciuta tanto ai colleghi e al regista.


Dall’altra parte abbiamo invece un’attrice internazionale, con alle spalle più di 70 film, Valeria Golino. Nata a Napoli e cresciuta ad Atene: figlia di un germanista italiano e di una pittrice greca di origini in parte francesi ed egiziane. Insomma una donna frutto di un misto di culture, infatti non nasconde che per parlare napoletano con un determinato accento ha dovuto seguire delle lezioni sul set.

Non dirò “questo nel libro non c’era”, è un classico che voglio evitare, noi non siamo persone banali e ci allontaniamo da qualsiasi stereotipo, vero?


La serie già parte bene, per quanto mi riguarda, con la sigla di una canzone degli Almamegretta (Raiz, per intenderci): Nun te scurdà. La regia di De Angelis si vede subito dai primi frame, chi ha già guardato qualcosa del regista se ne accorge: di lui con Pina Turco (che è la moglie) consiglio anche Il vizio della speranza, non consiglio invece la serie di Eduardo De Filippo con Castellitto trasmessa a Rai1.

Ad ogni modo l’ostentazione di qualsiasi condizione e sentimento, sia in positivo che in negativo, è palese. Ancora una volta, inoltre, troviamo il connubio del regista con Enzo Avitabile, altro artista che fa parte della colonna sonora della serie. Altra grande partecipazione è quella dei 99 Posse: in pieno clima anni ‘90 ‘o Zulù canta S’adda appiccià.


Le canzoni non sono mai casuali, le scene fatte di sola musica sono molte e anche lunghe, i brani non sono tagliati, fanno parte a pieno titolo della narrazione, infatti è una delle cose meglio riuscite di questa serie, secondo me.

Evidente è anche il racconto di contrasto tra la Napoli “alta” e quella “bassa”, divario che esiste in ogni città, ma a Napoli, si sa, sono raccolte tutte le umanità del mondo. Ecco che la realtà vomerese (del Rione Alto, per essere precisi) e sinistroide pesa parecchio alla protagonista.

Intendiamoci, a Giovanna peserebbe anche un altro tipo di realtà, perché in quanto adolescente, è scontenta di natura, come ci insegnano i racconti di qualsiasi adolescente nel mondo della letteratura e del cinema.


Dall’altra parte abbiamo zia Vittoria che abita nel quartiere di Poggioreale: case fatiscenti, persone povere che non tentano neanche di sbarcare il lunario perché sono talmente abituati a quel tipo di vita che non ci provano neanche ad averne un’altra. Il napoletano è tanto, preponderante, molto più presente rispetto al libro.

Nannì fa di tutto per fuggire da dove è nata, in lei è forte il desiderio di rifugiarsi nei centri sociali e nel mondo della zia, così diverso dal suo, pur essendo il luogo di nascita di suo padre stesso. Ma Andrea col tempo è diventato ‘o prufessore, mentre Vittoria è rimasta semplicemente Vittoria.

Giovanna è difatti una ribelle, la storia gira tutta intorno alla sua riscoperta delle cose che la circondano, al suo modo di guardare agli adulti che non era come l’aveva immaginato. Questa scoperta la ferisce, la porta a farsi delle domande e a disobbedire in continuazione.

È affezionata al padre ma vuole conoscere la zia con la quale il padre stesso ha litigato, conosce la zia e si disaffeziona al padre; si invaghisce del ragazzo che non può avere ma va con un altro solo per ripicca nei confronti della zia che le aveva mentito; ha una migliore amica ma la tradisce con la sorella quando si stanca dei suoi atteggiamenti; è cresciuta con un’educazione di sinistra ma si avvicina ai Vangeli per fare colpo sul fidanzato dell’amica; ama il braccialetto della zia quando non era suo, se ne disfa quando la zia finalmente glielo regala.

Alla fine mi sono chiesta: cos’è che non vedo? Cosa si cela dietro tutto questo? è davvero solo una banale storia su un’adolescente o c’è dell’altro? Non sono riuscita a darmi una risposta perché, così come per il libro, c’è qualcosa in questo racconto che mi manca. Forse è il solito “non detto” che ti lascia la Ferrante quando conclude le sue opere, forse è proprio questo lo scopo. Forse la colonna sonora non è bastata, così come non è bastato prendere di pari passo i dialoghi dal libro che sullo schermo invece sono risultati artefatti, forse bisognava fare altre scelte nel casting. Ma così sarebbe stata completamente un’altra serie e non staremmo qui a parlarne.

Lucia Russo

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Lucia Russo

Lucia. Amante della luce per destino: nomen omen. Tuttavia crede che per arrivare a quella luce ci sia bisogno del caos e della contraddizione, scrutarsi dentro, accettarsi e avere una profonda fiducia in sé stessi. Il rimedio a tutto il resto: una buona porzione di parmigiana di melanzane.
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