Ci siamo passate tutte, sull’orlo del pre… giudizio
“Che lei sembra così, ma invece è intelligente”.
Arrivano queste parole su di me, insieme a uno sguardo complice, ammiccando con ironia. A quegli occhi soddisfatti, che attendono un cenno di apprezzamento, rispondo con un sorriso. Ci conosciamo da circa mezz’ora.
Sono cose che si dicono per dire, per rompere il ghiaccio. Non vale la pena prendersela, né pensare male. Non c’è da indagare chissà che motivazione recondita.
Non ci si offende, non per una battuta.
In me, invece, più che “rompere il ghiaccio”, ha generato il gelo. Non per ciò che è stato detto, banale, non carino – non è certo la prima volta – ma per quello che non si dice.
Studio, lavoro, faccio del mio meglio, mi pagano per questo e cerco di farlo bene, tra incertezze e titubanze.
Penso a me, all’università, alle ore trascorse davanti al pc, alla stanchezza, alla ricerca, alle “competenze da acquisire”, a quelle già acquisite e a ogni sforzo. Penso a tutto quello che c’è stato fino ad oggi, che mi ha portato a questo momento, davanti a una persona, una donna adulta, che mi conosce a mala pena, a sentirmi dire che, nonostante sembri così come sembro, sono capace di qualcosa di buono.
Sarebbe una fortuna?
Come sembro esattamente? Me lo chiedo.
Nel migliore dei casi, incompetente, nel peggiore, solo stupida. In entrambi, la battuta non mi sembra una battuta.
Le sarà uscita male, rifletto.
La giustifico.
Incasso il colpo.
Mi fa ridere ancora meno quando penso che, al posto mio, ci sarebbe potuto essere chiunque, più giovane, meno consapevole, più incerto, emotivamente instabile, con dietro, e dentro, cento e mille dubbi, che da fuori non si vedono, e spesso all’interlocutore neanche interessano. E che tutti questi dubbi l’avranno portato lì, in quel momento, come me, a sentirsi dire che, nonostante l’apparenza, non è andata così male.
Tiro un sospiro di sollievo. L’apparenza inganna, quindi. Alla fine è quasi un complimento.
Un giudizio plausibile, lecito. Un giudizio altrettanto evitabile.
Eppure, andiamo avanti così, nei luoghi di lavoro più che mai.
Con dottoresse specializzate che continuano a essere signorine, con una laurea in mano, ma senza l’autorità e la stima di cui godono i loro colleghi maschi.
Con avvocatesse che attraversano i corridoi dei tribunali continuando a essere signorine, anche loro. Si tratta solo di signorine che portano in giro documenti e faldoni di ambiti diversi, tutto qui.
Con altre signorine, poi, che lavorano in ambito amministrativo e, per quanto plurititolate, per chiunque sono “la ragazza al telefono” o “la signora nell’altra stanza”, più raramente “la collega”, “la capoufficio”, “la dottoressa” o “la referente”.
Ci chiamiamo signorine tra noi, tanto siamo abituate a non qualificarci.
E la rassegna non finisce qui.
Ci sono altre signorine, ritenute più giovani o aggraziate, che, tra le sorti del mestiere, hanno a che fare con gentiluomini per i quali loro non sono solo signorine, ma sono anche belle e gentili, “così giovani e già così in gamba”, tanto che sarebbe una fortuna dover lavorare con loro ogni giorno.
Meno fortunate, probabilmente, le signorine.
E non voglio dimenticare le signorine nei laboratori, ricercatrici o scienziate che, per farsi ascoltare, devono sgomitare, lavorare fino a tardi, meglio se più degli altri, farsi venire una dermatite da stress e magari, neanche avere tempo per eliminare baffetti e sistemare sopracciglia, altrimenti, in un momento, potrebbero diventare “così giovani e già così in gamba” pure loro, solo perchè più curate. E invece già lo erano, in gamba.
Se per Jo Squillo e Sabrina Salerno “Siamo donne, oltre le gambe c’è di più”, nei contesti lavorativi, per colleghi, collaboratori e clienti siamo signorine, quando non addirittura quelle lì, e il “di più” conta poco.
Tanto da esserlo anche per noi stesse.
Sono gli altri, invece, a essere “specialisti”, “dottori”, “responsabili”, “direttori” e, male che vada, almeno “signori”.
E signori con signorine ha in comune solo la radice.
Siamo paranoiche?
Alla fine è quasi un complimento. Siamo signorine molto versatili, ci si trova ovunque.
Stefania Malerba
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