“La custode dei peccati”: chi è la Mangiapeccati, protagonista del romanzo di Megan Campisi
Nell’ucronia pubblicata da Editrice Nord nel 2022 viene svelata l’antica tradizione della Mangiapeccati, una donna condannata alla redenzione dei peccati altrui attraverso il cibo.
Folklore e scandali a corte fanno da sfondo ad una storia di profonda ingiustizia sociale ambientata in epoca elisabettiana.
Avarizia = aglio. Calunnia = corvo alle prugne. Eresia = torta al miele. Inganno = syllabub. Pigrizia = cetriolino sottaceto. Questa bizzarra “lista della spesa” introduce il romanzo La custode dei peccati, attraverso il quale la sua autrice, la drammaturga Megan Campisi, ci porta alla scoperta di una figura tanto misteriosa da ritenere impossibile la sua esistenza: la Mangiapeccati.
Nel mondo anglosassone, tra il XVII e il XIX secolo, uomini e donne di ceto bassissimo, poveri e con magari qualche problema con la legge potevano sopravvivere scegliendo di diventare sin eater, letteralmente mangiapeccati, persone che si recavano al capezzale dei morenti per ascoltare la confessione dei loro peccati. I mangiapeccati mangiavano il cibo corrispondente ad ogni peccato e, con esso, ingoiavano gli errori dell’anima, ora purificata, di chi stava per entrare nel regno dei Cieli.
Così facendo, chi sceglieva o veniva costretto a questa vita poteva guadagnarsi un pezzo di pane e qualche moneta, pena la solitudine: i mangiapeccati, infatti, erano tenuti ai margini della società, trattati come reietti e considerati portatori di grande sfortuna.
La custode dei peccati racconta la storia di una mangiapeccati, May, costretta da un tribunale ad abbracciare la vita della purificazione altrui dopo aver rubato un pezzo di pane. Da giovane incauta diventa, in poco tempo, una donna temuta che sa utilizzare la sventura a suo favore. Tra i vari rituali che compie ogni giorno, con peccati tutti uguali e estremamente umani, verrà invischiata in uno scandalo alla corte della regina Elisabetta I.
Di May, soprattutto, si percepisce il grande senso di solitudine. Non ha amici, non ne avrà mai, così si accontenta della compagnia degli ultimi, i dimenticati come lei: vagabondi, infermi, malati.
Il romanzo della Campisi è un canale di comunicazione preziosissimo per ascoltare la voce delle donne “sbagliate” delle quali si sono perse le tracce: quelle giudicate, quelle represse, quelle condannate. Le mangiapeccati non parlano, non ridono, non decidono. La loro volontà risiede unicamente nelle parole scandite durante i rituali di purificazione:
«L’invisibile è ora visibile. L’inudibile è ora udibile. I peccati della tua carne diventano i peccati della mia, così che io li possa portare nella tomba in silenzio. Parla.»
Alessia Capasso
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