Non è possibile rimanere soffocati dall’università
È sempre più frequente, ed ormai non si può più ignorare la notizia di giovani ragazzi che durante il loro percorso universitario commettono l’estremo atto di togliersi la vita.
La domanda che sorge spontanea è il perché abbiano deciso di commettere un azione così estrema.
Davvero queste persone sono esposte ad una pressione così opprimente che influenza a tal punto le scelte e le azioni che saranno portati a compiere? Se la risposta è positiva, tutto ciò è davvero giusto?
Ormai la laurea oltre ad essere necessaria per svolgere un certo tipo di lavoro è diventato anche uno status symbol. Quando i nostri genitori erano più giovani poteva capitare che gli studi universitari non se li potessero permettere tutti, era una cosa esclusiva, sia per disposizione economica ed un impellente necessità di trovare lavoro per aiutare la propria famiglia, trovare un lavoro anche senza laurea era molto più semplice e meno richiesto. Ora, nel bene o nel male, la società è notevolmente cambiata, avere una laurea è sempre più un’esigenza, ed anche i genitori stessi sono disposti a commentare sacrifici, non sempre richiesti, per poter permettere ai figli di proseguire con studi, andando, alle volte contro le effettive esigenze e desideri della prole.
La pressione alla quale si è sottoposti, spesso è tanto pesante da non riuscire a proseguire, in tutti i sensi, interrompere gli studi sarebbe come ammettere la sconfitta, deludere la propria famiglia, gli amici e se stessi.
Quello degli universitari che si tolgono la vita perché sentono di aver fallito e non poter più dare nulla, a sé e agli altri è un triste fenomeno che va avanti già da molto tempo.
Purtroppo, però, negli ultimi tre anni sembra che questa problematica si stia amplificando sempre di più. Probabilmente anche conseguenza del lockdown avvenuto tra il 2020 e 2021 che ha aggravato o creato nuovi problemi psicologici anche tra adolescenti e giovani adulti.
Gli studenti stessi dicono di sentirsi sempre più sotto pressione a causa dell’università che sembra pretendere standard sempre più alti e difficilmente raggiungibili.
L’istituzione universitaria e i grandi media d’informazione elogiano sempre più i giovani che spiccano, emergono con carriere scolastiche strabilianti, peccato però che per ogni articolo scritto per una persona che “eccelle” ne compare uno per una persona che è rimasta schiacciata da questo sistema malato.
Prendiamo ad esempio alcuni titoli di articoli di giornale scritti in questi ultimi mesi:
“N.V., 20 anni, è il più giovane laureato d’Italia: “Ho sempre dato il 100% di me stesso” ”- la repubblica 7/10/2022
Bologna, studente universitario si suicida al Pontelungo: «Mi laureo», ma era in ritardo con gli esami – corriere di Bologna 8/10/2022
“C. R., modella e medico a 23 anni: «Il segreto? Non perdo mai tempo»” – corriere della sera 30/10/2022
“Studentessa di 19 anni si suicida nella sua università: «La mia vita è un fallimento»” -l’espresso 1/2/2023
Sempre più spesso però la pressione scolastica che proviamo invece è proprio dovuta da una società che premia ed elogia le eccellenze, le persone che sacrificano le proprie passioni, relazioni, ore di sonno e salute mentale per essere al primo posto negli studi, questo il messaggio che c’è stato trasmesso nell’ultimo periodo, sempre più spesso.
C’è chi pensa di aver fallito nella vita, non riescono a superare la delusione, per non aver raggiunto “quello” standard. Ma a questo punto chi ha fallito davvero è la società e l’università stessa in quanto istituzione, forse la volontà di “costruire l’eccellenza” è il vero problema.
Alice Gallosi
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