Caffè sostenibile: come bere senza sensi di colpa
Il caffè è, dopo il petrolio, la seconda materia prima commercializzata al mondo. Buonissimo, energizzante, praticamente iconico in Europa e nel mondo, il caffè è spesso una bevanda della quale non possiamo fare a meno. Ma… siamo sicuri che la sua produzione sia etica? Il cosiddetto primo mondo è il consumatore per eccellenza del caffè, mentre i paesi che lo producono sono quelli in via di sviluppo (su tutti, il Brasile).
La produzione del caffè, tuttavia, spesso non è etica.
Con il passaggio, negli anni ‘70, dal tipo di coltivazione da quella praticata all’ombra e quella praticata al sole, le cose si sono complicate. La coltivazione all’ombra è quella naturale per la crescita dei chicchi di caffè, ed è per questo motivo più lenta. L’arbusto della pianta di caffè veniva protetto dall’ombra degli alberi, i quali erano l’habitat perfetto per gli uccelli, predatori degli insetti che danneggiano gli arbusti. L’ombra, poi, limita il dispendio idrico, e le chiome che cadono diventano un fertilizzante naturale.
Ma la coltivazione a tutto sole ha un enorme vantaggio di produzione: è molto più veloce, ma fa produrre anche un caffè di qualità peggiore rispetto a quello coltivato all’ombra. Tuttavia, la coltivazione a tutto sole comporta un maggiore dispendio idrico e l’utilizzo di pesticidi.
La maggiore produttività ha un costo, sociale, etico ed ambientale. Alcune aziende stanno dimostrando una maggiore attenzione all’utilizzo di caffè sostenibile. Nescafè, per esempio, è produttrice di caffè solubile e tazze riutilizzabili. Illycafe, in particolare, dal 2015 assegna ogni anno l’Ernesto Illy International Coffee Award, per il produttore che durante l’anno ha fornito il miglior caffè sostenibile. O ancora, Lavazza è promotore del progetto Learning by doing, il quale insegna ai coltivatori come migliorare la produzione e la qualità del caffè in maniera sostenibile. Utilizzando la metodologia Farmer Field school, l’approccio di Lavazza è pragmaticamente orientato ad insegnare una maggiore consapevolezza ai produttori.
Per quanto riguarda il consumatore, ci sono alcuni tips da tenere in considerazione per evitare di partecipare ad una produzione poco etica. Anzitutto, prestare attenzione alla certificazione presentata nella confezione del caffè. Se ha la certificazione Fair trade o se è biologico, oppure ancora se è un caffè prodotto da piccole realtà segnalate come Specialty coffee, caffè pregiati di qualità maggiore.
Determinate realtà sono piuttosto interessanti, come Kiss the Hippo, azienda inglese i cui proventi sono indirizzati ad attività di salvaguardia ambientale. Oppure, un ottimo caffè è quello equo solidale di Altromercato, il Caffè manifesto, miscela 100% biologica di arabica lavata e conservata in un packaging sostenibile.
O ancora, in Italia, nella città partenopea è presente una bella realtà: Lazzarelle Bistrot, il cui caffè viene prodotto senza aggiunta di additivi e rispettando l’antica scuola artigianale napoletana. Un caffè fatto come “ai vecchi tempi”, quindi, rispettoso dei tempi di produzione.
Oltre all’attenzione nella scelta del caffè, è consigliato limitare l’uso di bicchieri di plastica, preferendo una tazza riutilizzabile come un tumbler termico o una tazza vera e propria.
Aurora Scarnera
Leggi anche: Cosa succede se bevi troppo caffè?