La lingua italiana – Il neoitaliano secondo Pasolini
Pier Paolo Pasolini è stato uno degli intellettuali più interessanti del secolo scorso.
Tra i suoi vari scritti, tra i più contestati vi sono sicuramente i saggi raccolti in Empirismo eretico, del 1972. Dal 1964, l’intellettuale bolognese si interessò alla questione linguistica.
Per Pasolini, quest’ultima era strettamente legata alla nuova egemonia politica partorita in Italia dalla nuova rivoluzione industriale, in particolare sorta nell’asse Milano – Torino. La tesi di PPP è la seguente: con il boom industriale, che coinvolge unicamente il Nord Italia, lasciando il Sud a sé stesso, la lingua nazionale si è unificata nel neoitaliano (tecnologico, scolorito ed inespressivo). Tra i discorsi emblema di tale unificazione, citato da Pasolini, vi è il quello tenuto da Aldo Moro il 4 ottobre 1964, durante l’inaugurazione dell’Autostrada del Sole. Un discorso emblema dell’italiano tecnologico, rivolto non a specialisti del settore, ma al pubblico italiano tutto.
Si preferisce, anche nell’ambito della pubblicità e del giornalismo, la comunicazione diretta all’espressione, una “normatività di grammatica e di lessico non più purista ma strumentale”. Il neoitaliano è per Pasolini il prodotto dell’egemonia borghese del Nord-Italia. La lingua come strumento e come emblema di un potere, tuttora piuttosto evidente, dello sbilancio politico ed economico del nostro paese.