Siamo come hikikomori che si amano a distanza
9 marzo 2020: le strade si svuotano, le porte di casa si chiudono, l’Italia si spegne. La pandemia di Covid19 iniziava a diffondersi velocemente dando inizio alla prima e interminabile fase di lockdown.
Ad invadere gli animi è una profonda sensazione di smarrimento, ma soprattutto di solitudine.
È questo ciò che i Pinguini Tattici Nucleari hanno voluto trasmettere e raccontare nel brano Hikikomori, contenuto nel nuovo album Fake news, rilasciato lo scorso 2 dicembre.
Tre anni fa la vita scorreva serenamente, in un susseguirsi di istanti di una scontata quotidianità.
All’improvviso: stop.
Sull’Italia cala il silenzio, un’atmosfera di incessante attesa che sembra fermare il tempo.
C’è chi lotta per la vita, chi la vede scivolare via come un soffio, chi perde i propri cari senza la possibilità di un addio e chi, senza fiato, osserva queste immagini davanti a uno schermo.
Distanze di sicurezza, abbracci vietati e volti coperti.
Sbucano dalle mascherine soltanto gli sguardi, occhi pieni di lacrime che celano il peso della mancanza.
Guardarsi e parlarsi attraverso uno schermo lasciava solo intravedere una parvenza di normalità, all’apparenza così monotona e banale ma in realtà tanto preziosa.
Spento il telefono ci si ritrovava nella solita stanza, sopravvivendo a una giornata che, come un eterno déjà vu, sembrava ripetersi continuamente.
Ci siamo ritrovati a fare i conti con la solitudine, che ha lasciato segni indelebili e ancora oggi visibili.
È questo il commovente messaggio di Hikikomori, che racconta l’amore ai tempi del Covid e la lotta alla solitudine.
È la storia di un amore a distanza, separato da un nemico invisibile.
A cantarla non potevano che essere loro: i Pinguini Tattici Nucleari, cresciuti a Bergamo, uno dei luoghi più colpiti dalla pandemia.
Per cogliere la profondità del brano è necessario innanzitutto soffermarsi sul titolo: Hikikomori è un termine giapponese che fa riferimento a individui, soprattutto adolescenti, che decidono di isolarsi completamente, perdendo ogni tipo di contatto con il mondo esterno.
A spiegarlo è proprio Riccardo Zanotti: “Quello degli hikikomori è un fenomeno molto problematico che ormai, partendo dal Giappone, ha raggiunto tutti. È una metafora molto forte e siamo consapevoli di enormi differenze, però anche noi durante la pandemia ci siamo sentiti sconfortati, distrutti e chiusi in quattro mura: dopo Sanremo doveva iniziare il nostro tour, che abbiamo dovuto rimandare di due anni. Hikikomori è dedicata a tutti coloro che in quel periodo, o in generale nella vita, si sono sentiti e si sentono sconfortati e si abbandonano alla solitudine”.
Il cuore della canzone è proprio il ritornello, che racchiude in poche righe il senso del testo:
E ti arrabbiavi se salivo con le scarpe sul divano
Chissà dove hai camminato, stai a vedere che mi ammalo
Siamo come hikikomori che si amano a distanza
e si cercano di notte tra le crepe della stanza
Il protagonista si racconta e tra le sue parole c’è il ricordo dei momenti vissuti e il pensiero di lei che è un chiodo fisso.
C’è la paura di ammalarsi e una metafora che sprigiona la forza del più bello dei sentimenti: l’amore, che nemmeno la lontananza può ostacolare. Continuano a cercarsi con l’arrivo della notte, che spegne le luci e accende i pensieri, accorciando le distanze.
Lui “prova a corrompere il karma andando a letto presto”, sperando di ingannare il tempo e “sorride alle cassiere che poi immancabilmente gli danno meno resto”, in quei momenti in cui solo l’esigenza spingeva fuori dalle mura di casa.
Tu che c’hai gli occhi di papà ma vedi il mondo come mamma
puoi dirmi come fai a vincere la noia senza perdere la calma?
…
Tu che ringrazi mille volte il cameriere per il pane
insegnami a sorridere alla vita pure quando sono solo come un cane
Mia anima in pena, che pena mi fai
Si impegna, poi, a imparare da lei, che con forza d’animo e speranza continua a sorridere alla vita. Cerca di curare la sua anima in pena, smarrita in un senso di vuoto e pervasa dalla noia.
Come sempre bisogna cercare di scavare a fondo nel testo, fino a penetrare la vera essenza delle parole, perché non mancano i riferimenti in pieno stile Pinguini Tattici Nucleari.
E ballo con la tua mancanza
su una canzone dei Pink Floyd
Sarà Wish you were here? Sicuramente la più adatta al contesto e al desiderio di averla davvero tra le sue braccia.
Il camion militare in centro che passa sulla nostra strada
quella del primo appuntamento e dell’ultima litigata
Qui è immediato il sopraggiungere di un’immagine: i video strazianti dei veicoli militari che trasportavano le vittime del Covid per le strade di Bergamo durante la prima e più cupa ondata.
Ora sembra solo un lontano ricordo, ma di sicuro l’ascolto di questa canzone fa rinascere in ognuno di noi le sensazioni e ricordi di quei giorni, uno stato d’animo altalenante tra incredulità e paura.
Ritorna in mente quanto sia stato difficile ritrovarsi tra la gente, esprimersi attraverso un abbraccio, una carezza, un bacio, attraverso quei gesti che ci rendono esseri umani.
Il Covid ha distrutto rapporti rafforzandone altri, ma soprattutto ci ha costretto a conoscerci a fondo, a scoprire ogni lato nascosto del nostro essere, rivelando quanto sia difficile ritrovarsi in stretto contatto con la propria interiorità.
Ha reso evidente l’inestimabile valore di un gesto, di un istante.
Siamo stati hikikomori, ci siamo amati a distanza, ma ora, con più consapevolezza, abbiamo ricominciato ad amare per davvero, gli altri e, più di tutto, la vita.
Maddalena D’Angelo
Illustrazione di Sonia Giampaolo