La lingua italiana – L’analfabetismo in Italia
L’Italia preunitaria è caratterizzata da un forte analfabetismo, soprattutto nelle regioni meridionali. Anche quando il Regno fu unificato, nel 1861, la situazione era grave: l’80% degli italiani risultava analfabeta.
L’istruzione, complice anche il risolversi della questione della lingua, adotta il modello scolastico piemontese, esteso a tutta la nazione mediante la legge Coppino, del 1877. Nonostante le varie riforme, l’analfabetismo resta una piaga dilagante soprattutto al Sud.
Del 1911 è la legge Daneo-Credaro, la quale prevede l’assunzione di gestione totale da parte dello stato nei confronti dell’istruzione primaria. Tuttavia, solo con la riforma Gentile del 1923 si assiste ad un miglioramento crescente, seppur molto lento.
Quest’ultima riforma estendeva l’obbligo scolastico fino ai quattordici anni d’età. Dal secondo dopoguerra, invece, cominciò un processo di alfabetizzazione crescente, col suo culmine negli anni ‘60. La televisione ed i media contribuirono in maniera notevole ad arginare il fenomeno dell’analfabetismo, grazie per esempio a programmi televisivi come Non è mai troppo tardi, costituito da vere e proprie lezioni a distanza.
Cento anni dopo l’Unità d’Italia, nel 1961, il tasso di analfabetismo si aggirava attorno al 9%, decrescendo fino al 2% nel 2001. Secondo l’Istat, nel 2020 lo 0,6% risultava analfabeta in Italia. Resta il problema, grave, dell’analfabetismo funzionale, ma quello lo affronteremo la prossima volta.
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