Napoli spettrale a Palazzo Donn’Anna
Sorge all’inizio di via Posillipo il meraviglioso palazzo chiamato “Donn’Anna”, dal nome della donna che, dopo averlo ereditato nel 1636, ne ordinò la ristrutturazione secondo il gusto barocco napoletano. Quella donna era Anna Carafa, una delle più importanti e influenti donne del Regno di Napoli.
I lavori di ristrutturazione del palazzo si interruppero a causa della prematura morte di donn’Anna e così l’edificio, rimasto incompiuto, ha assunto il fascino e il mistero delle rovine antiche, intorno alle quali è facile che si creino impressioni e leggende.
Figlia di Antonio Carafa della Stadera, duca di Mondragone, e di Elena Aldobrandini, Anna era la secondogenita di tre figli. La sua era una stirpe a dir poco influente: poteva annoverare tra i suoi avi non solo quattro papi, ma persino il re Ferdinando I di Napoli.
I suoi fratelli e suo padre morirono prematuramente e così Anna fu designata, ancora giovanissima, erede universale delle enormi fortune dei nonni, Luigi Carafa e Isabella Gonzaga. Quando anche loro si spensero, Anna si ritrovò ad essere una delle più ricche ereditiere dell’intero Regno di Napoli. Sposò il viceré Ramiro Nunez de Guzman, duca di Medina, dal quale ebbe tre figli.
Le storie che si sono tramandate nei secoli intorno a quel palazzo e alla figura stessa di Anna Carafa mescolano realtà e mito, fatti e immaginazione. Pare che Donna Anna fosse una donna bellissima, contesa da uomini illustrissimi. Non è difficile a credersi, vista anche la sua enorme fortuna. Tuttavia, queste stesse caratteristiche dovevano aver attirato l’invidia di molti. Si diceva di lei che fosse una donna vanitosa, avida e crudele.
Amante della mondanità e radiosa nell’esibire lo sfarzo della sua residenza, era solita a organizzare lì feste e ricevimenti. Pare che fu proprio durante uno di questi eventi che la sua vita, apparentemente perfetta, rivelò tutte le sue incrinature. Era costume dell’epoca organizzare rappresentazioni teatrali per dilettare gli ospiti.
Quella sera, sul palco, si esibirono Donna Mercede de la Torres e Gaetano di Casapesenna, rispettivamente la nipote e l’amante di Anna. La giovane commise l’imperdonabile errore di seguire il copione con troppa maestria e di baciare con trasporto, in scena, proprio Gaetano. Donn’Anna nel vedere la scena bruciò di gelosia e nei giorni successivi non riuscì a trattenersi dal ricoprire la giovane nipote di ingiurie e insulti, finché Donna Mercedes non scomparve misteriosamente.
Subito si sparse la voce che fosse stata proprio la padrona di casa a toglierla di mezzo. Gaetano allora, spaventato dalla sua scelleratezza, la abbandonò.
Lo spettro che, si dice, si aggiri per palazzo Donn’Anna potrebbe essere quello di Donna Mercedes che non ha mai potuto lasciare quelle mura. Oppure, potrebbe essere quello di donn’Anna che, rifiutata dal suo amante, ancora aspetta il suo ritorno.
C’è, a onor del vero, un’altra leggenda che aleggia intorno a palazzo Donn’Anna, più antica e, forse, ancora più macabra. Sullo stesso suolo dove ora si erge palazzo Donn’Anna, vi era un tempo un altro edificio, altrettanto sfarzoso e altrettanto sinistro.
Pare che quel palazzo fosse usato dalla regina Giovanna D’Angiò per incontrare i suoi amanti. Luogo ideale per gli incontri clandestini, aveva un passaggio diretto sul mare, dal quale chiunque poteva entrare e uscire senza essere notato, specialmente se nascosto dall’oscurità della notte. Tuttavia, secondo la leggenda, gli amanti di Giovanna D’Angiò entravano senza mai uscire: all’alba, la donna li uccideva gettandoli in mare.
Forse né Donn’Anna né Mercedes abitano ancora quelle mura. Forse, sono proprio gli spettri degli sventurati amanti della regina ad aggirarsi, lamentosi, nei sotterranei dell’antica dimora.
Nadia Rosato
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