Nella buona e nella cattiva sorte, i personaggi dei Promessi Sposi
Se i Promessi Sposi sono diventati un romanzo immortale è anche grazie alla bellezza dei personaggi che lo popolano. Quando Manzoni decise di scrivere un romanzo storico lo fece con il preciso intento di catturare il vero; utilizza così una voce narrante in grado non solo di attraversare lo spazio e il tempo, ma anche di entrare nella testa dei personaggi che racconta, analizzandone pensieri, paure, desideri, passioni.
A Manzoni non interessava solo raccontare i fatti, voleva analizzare le ragioni che li motivano. Attraverso la scrittura, voleva esplorare le cause profonde che spingono gli uomini e le donne a compiere questa o quell’azione, a prendere una o l’altra decisione.
Nel tentativo di delineare il reale, Manzoni ricostruisce la società dei Promessi Sposi con il rigore dello storico, ma i personaggi che vivono in quel mondo sono molto più che verosimili. La loro caratterizzazione è talmente ben fatta che in ognuno di loro vi si possono riconoscere degli aspetti immutabili e universali che da sempre caratterizzano tutti gli esseri umani.
Il primo personaggio che incontriamo leggendo il romanzo è Don Abbondio, il curato del paese. Un uomo docile, abitudinario, che non ama gli imprevisti né gli scossoni. “Non era certo un cuor di Leone”, dice di lui il narratore. Da subito, Don Abbondio si mostra in tutta la sua codardia quando, minacciato dai bravi mandati da Don Rodrigo, accetta immediatamente di non celebrare il matrimonio tra Lucia Mondella e Renzo Tramaglino.
Il curato rivela la sua paura e il suo tormento con i gesti del corpo, con l’esprimersi affannoso, oltre che con le sue azioni. Allo stesso modo, non darà prova di coraggio nell’affrontare Renzo, il giovane a cui dirà, proprio nel giorno stabilito per le sue nozze, che non è più disposto a celebrarle. Il suo comportamento, se pur giudicato con ironia dal narratore, è analizzato alle radici. Don Abbondio era un uomo nato in un mondo ostile e violento senza nessuna possibilità di difendersi.
Aveva deciso di indossare l’abito sacerdotale, pur senza provare nel suo cuore una vera vocazione, perché cercava un posto sicuro in una società che non aveva altro da offrirgli. Possiamo dunque giudicarlo male, ma possiamo anche comprenderlo senza troppa fatica.
Renzo e Lucia, i due giovani umili di cui Don Rodrigo vuole a tutti i costi impedire il matrimonio, sono i protagonisti del romanzo. Già dal modo in cui reagiscono all’offesa, svelano aspetti differenti del loro carattere e della loro natura.
Renzo è un ragazzo pacifico, ma si infiamma di fronte al torto e agirebbe in modo ingenuamente minaccioso se non fosse fermato dalla sua promessa sposa. Lucia, al contrario, reagisce chiudendosi nel silenzio e trova sfogo nel pianto. Non perché sia un personaggio fragile, ma perché la sua fermezza non ha bisogno di esprimersi in modi violenti. Renzo segue con convinzione i principi della religione cristiana, ma quando si scontrano con la sua natura, tesa all’affermazione dei propri diritti e animata dalla ricerca della giustizia, incontra difficoltà a metterli in pratica.
Lucia, invece, possiede in modo profondo e autentico le virtù cristiane, i cui ideali non si scontrano mai con la realtà della sua vita.
Apparentemente, Lucia potrebbe sembrare un personaggio meno umano di Renzo. Nelle difficoltà, si affida a Dio in maniera spontanea, ma questo non significa che sia priva di spinte e pulsioni naturali. Il pianto e il rossore che le compare il viso sono manifestazioni della sua interiorità profonda, ma controllata. Inoltre, al contrario di come potrebbe apparire a una lettura meno attenta, Lucia non è un personaggio passivo.
Adopera piccole astuzie per ottenere ciò che desidera, come quando dona a fra Galdino una gran quantità di noci in modo che possa andar prima a riferire il suo messaggio a padre Cristoforo e quando Griso e due bravi, con la complicità della Monaca di Monza, la rapiranno per portarla al castello dell’Innominato, lei tenterà per tre volte di lanciarsi dallo sportello della carrozza in corsa pur di salvarsi.
Proprio per la sua forza d’animo, Renzo la guarda non solo con amore, ma con ammirazione: Lucia è, per lui, un esempio da seguire.
Di tutt’altra pasta è l’antagonista della vicenda, Don Rodrigo, il malvagio signore che mette gli occhi su Lucia e che in tutti i modi cerca di impedirne il matrimonio. Il personaggio è presente, seppure assente, fin dalla prima scena, come un’incombente realtà nemica. Il suo nome viene pronunciato come una minaccia, ascoltato con paura, con rabbia o con orrore.
Intorno a questo personaggio si crea un’attesa, una tensione, che però viene delusa nel momento in cui il personaggio entra in scena, sia perché il narratore non ci fornisce una descrizione fisica dell’uomo, sia perché nei suoi modi e nei suoi comportamenti Don Rodigo appare più come uno spaccone capriccioso che come un crudele signore del male. Il suo potere gli è dato dal rango, ma la sua personalità non ha nulla di potente. È un uomo arrogante, abituato ad avere sempre tutto quello che vuole e a considerare terre e persone di sua proprietà.
Le motivazioni che lo spingono ad agire sono futili: vuole rovinare la vita di Lucia per capriccio, per una scommessa, per non “perdere la faccia di fronte ai suoi pari”. È molto diverso da un altro personaggio, un nobile crudele talmente spaventoso da rendere impossibile pronunciarne il nome. Di fronte alla potenza dell’Innominato, Don Rodrigo è un signorotto qualunque, che deve obbedire e sottomettersi quantomeno alle leggi della sua famiglia e dei suoi pari.
L’innominato no, circondato da uomini di fiducia crudeli quanto lui, deve dar conto soltanto a sé stesso. Don Rodrigo è frutto dell’ambiente in cui è cresciuto, mentre l’Innominato è un uomo dal cuore potente che, inizialmente volto al male, convertirà al bene con la stessa forza.
Nadia Rosato
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