Johnny the Snake porta il suo Heavy Metal al Sanremo Rock & Trend Festival
Doppio figlio d’Arte, nato dalla cantante, compositrice e produttrice Georgia Brown – voce potente entrata anche nel Guinnes World Record come “Maggior Estensione Vocale del Mondo” e “Nota Più Acuta” con il suo G10 – e dal noto compositore e polistrumentista uruguaiano William Corbo, Johnny the Snake ha preso parte fin da piccolissimo a diversi progetti ed esibizioni dei genitori, venendo a contatto con artisti di grande calibro e studiando anche le tecniche vocaliche prima di scoprire nella batteria la sua vera passione.
Nato e cresciuto in Brasile fino all’età di tredici anni, Johnny the Snake è giunto in Italia per riscoprire le sue radici partenopee da parte di madre ed è proprio a Napoli che ha messo a frutto il suo talento di compositore, musicista polistrumentista – oltre alla batteria suona anche le percussioni, la chitarra e il basso – produttore e arrangiatore musicale, occupandosi prima delle esibizioni dal vivo presso il bar “Magma”, poi registrando il suo primo album di genere Heavy Metal con influenze Southern Rock e Sludge/Stoner.
Un impegno certamente ripagato, visto che non solo il tour di lancio dell’album indipendente “Neurotic Death Heart Collision” è stato appena inaugurato a Milano, ma la sua band, i Popcorn Cancer, è stata di recente selezionata per suonare dal vivo al Sanremo Rock & Trend Festival.
Conosciamo meglio Johnny e i suoi progetti musicali…
Il singolo che lancia l’album dei Popcorn Cancer, “Sucking joy” è di grande potenza. Raccontaci com’è nato e cosa significa per te e i tuoi compagni…
«Stavamo seduti e abbiamo pensato di scrivere di determinate situazioni della vita che ti portano ad avere vera gioia. La vita è difficile dappertutto ma la musica è capace di portare gioia in molti sensi».
Quali sono gli artisti che più influenzano la tua musica?
«Beh, ce ne sono molti, ma i più importanti sono i Metallica, gli Iron Maiden, i Black Sabbath, gli Orange Goblin e i Kyuss».
In cosa è diverso secondo te il panorama musicale rock e metal italiano rispetto a quello del resto del mondo (e del Brasile, soprattutto)?
«Rispetto ad altri paesi, in Italia non c’è una barriera culturale dovuta alle lingue straniere, si valorizzano gli artisti che vengono dall’estero, e allo stesso modo si valorizzano gli artisti italiani le cui canzoni sono scritte in inglese – come nel nostro caso: una band il cui progetto è in inglese, ma fatta da napoletani.
Questa barriera culturale invece esiste in Brasile, dove possono sfondare solo gruppi affermati all’estero o artisti brasiliani che sono riusciti ad avere successo in terra straniera, come i Sepultura per esempio. Gli artisti in cerca di fama in Brasile devono scrivere le loro canzoni in portoghese per avere una possibilità di fama.
In Italia inoltre è più facile accedere a concorsi e partecipare ad eventi, nonché esibirsi. In Brasile purtroppo non è così, perché è un paese continentale, ci sono molti artisti, gruppi e band che lottano per un’opportunità, senza contare che i media danno priorità a chi canta in lingua portoghese e il rispetto per chi fa musica in inglese è solo per chi viene dall’estero. In Brasile, ti guardano con occhi diversi dopo che hai avuto successo altrove».
Come hai affrontato il difficile periodo della pandemia, con lo stop ai concerti e alle sessioni di registrazione? C’è qualcosa di positivo venuto fuori dall’allontanamento dalle scene?
«Sfortunatamente, niente di positivo poiché la band voleva produrre e suonare dal vivo. Ma abbiamo colto l’occasione per creare testi, melodie e riff. Il caos non era solo per noi, era per tutti, era una paura perché non sapevamo cosa stava succedendo, non c’erano informazioni, solo l’idea che fosse la fine del mondo».
Cosa vorresti che il tuo pubblico trovasse nella tua musica?
«Faccio quello che mi piace. Secondo me, devo essere io contento del risultato dei pezzi, e se piace al pubblico va bene, sarò contento lo stesso. Faccio musica per amore e non sono preoccupato se sarà mainstream o no. Chiunque può essere famoso oggi, basta avere la fortuna di trovare un investitore. Il talento è ciò che conta di meno. Gli artisti che sono lì solo per i soldi e fanno di tutto per la fama sono il motivo per cui la qualità della musica oggi è così pessima».
Secondo te, qual è oggigiorno la sfida più grande per le band rock e metal?
«Al giorno d’oggi è difficile soddisfare il pubblico perché ormai nessuno ascolta rock né metal. Ad ascoltare è un pubblico ben specifico. Questo è colpa delle case discografiche, che investono milioni di euro per fabbricare artisti che suonino in radio, sui social e in TV, artisti che fanno pop, trap, generi popolari. Il rock che è stato il numero uno dagli anni ‘70 ai ‘90 è ora ridotto a qualcosa di underground. Nel mainstream al massimo ci finisce il pop rock e basta. Naturalmente le band classiche degli anni ‘70, ‘80 e ‘90, composte da artisti consacrati, sono in grado di mettere in scena grandi spettacoli».
I Popcorn Cancer sono stati scelti per suonare dal vivo al Sanremo Rock & Trend Festival insieme ad altre band emergenti. Congratulazioni! Cosa rappresenta per voi questo traguardo?
«È una grande vetrina e una grande opportunità per la band di essere meglio conosciuta e apprezzata dal pubblico. Chissà che dopo il festival non arrivino buone proposte!».
Non perdetevi il video “Sucking Joy” su YouTube!
E ricordate di seguire Johnny the Snake sui suoi social: Instagram e Youtube.
Claudia Moschetti
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