La rassegnazione per Haruki Murakami è confinata
Confinata, ognuna, nel proprio spazio, e senza, la possibilità di andare da nessun’altra parte.
Un sentimento ambivalente; questo atteggiamento verso la vita, che, se vissuto bene, e nei momenti giusti, ci aiuta a ripartire dopo una crisi. È quando diventa un abito mentale a tutto campo che può spezzare le gambe persino alle situazioni che fanno sperare bene.
Murakami, con la sua scrittura, racconta una passione sbocciata senza preamboli né presupposti, nata nel cuore come un bisogno, per riempire un vuoto che prima non c’era, o, sobriamente, non percepito.
È bella la rassegnazione, pacifica, asseconda i suoi bisogni, e i suoi limiti, cosciente del fatto che è un essere umano, quell’essere umano. Non vota la sua vita al raggiungimento del successo, ma con orgoglio dice di sé che «se non altro, fino alla fine non ha camminato.» Un Murakami all’ennesima potenza. Amo. Ne sento la mancanza.
Dopo aver pianto al lungo. «Quando le orbite dei nostri satelliti per caso si incrociano, le nostre facce si incontrano. E forse, chissà, anche le nostre anime vengono a contatto. Ma questo non dura che un attimo. Un istante dopo, ci ritroviamo ognuna nella propria assoluta solitudine. Fino al giorno in cui bruceremo e saremo completamente azzerate.»
Mi raccomando. Non pensare troppo.
E non aspettare Babbo Natale.
Francesca Scotto di Carlo
Illustrazione di Francesca Scotto di Carlo
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