Tammurriata nera: racconto in musica del dopoguerra
A Napoli può succedere di tutto, il popolo partenopeo ormai non si lascia stupire da nulla.
Tutto ciò che al mondo può fare scalpore, a Napoli è già successo.
Ma ci sono due episodi che hanno segnato profondamente i napoletani: il miracolo di San Gennaro e la nascita di “Giro”, un bambino dalla pelle scura.
Napoli, 1945.
Al Loreto Mare, ospedale tutt’oggi in funzione situato “giù alla Marina”, una ragazza napoletana da alla luce un bambino dalla pelle scura.
Al giorno d’oggi la cosa non ci stupirebbe per nulla e nessuno ne parlerebbe ma per l’epoca era un evento più che straordinario, per non dire raro.
Come è potuta accadere una cosa del genere? Beh, semplice: un anno prima gli Alleati erano sbarcati in Italia e tra una battaglia e l’altra…è venuto fuori Ciro!
La particolarità dell’evento colpisce il dirigente amministrativo Edoardo Nicolardi che, oltre alla professione in ospedale, si diletta nello scrivere canzoni.
“Si diletta” è un eufemismo, perché Nicolardi aveva già scritto capolavori appartenenti al repertorio melodico napoletano: nel 1904 compone una delle più struggenti canzoni d’amore Voce ‘e notte e come se non bastasse è il consuocero di E.A. Mario, celeberrimo musicista (a lui dobbiamo, ad esempio, la Canzone del Piave) che mette in musica la Tammurriata nera .
La canzone racconta con leggerezza ed ironia l’episodio avvenuto al Loreto Mare e dei vari metodi provati dalla giovane madre per “aggiustare” la situazione che, ovviamente, non può essere modificata: anche se continua a cercare scuse e anche se gli mette un nome partenopeo comune, il bambino resterà comunque con la pelle scura
“Séh! gira e vota, séh…
Séh! vota e gira, séh…
Ca tu ‘o chiamme Ciccio o ‘Ntuono,
Ca tu ‘o chiamme Peppe o Giro,
Chillo, o fatto, è niro, niro,
Niro, niro comm’a che!”
Il brano viene poi ripreso dalla Nuova Compagnia di Canto Popolare che aggiunge altre strofe le quali raccontano la situazione che si viveva nel dopoguerra: la presenza degli americani in città, la povertà, il contrabbando e la prostituzione
“Aieressera a piazza Dante
‘o stommaco mio era vacante,
si nun era p”o contrabbando,
ì’ mò già stevo ‘o campusanto.”
“’E signurine napulitane
fanno ‘e figlie cu ‘e ‘mericane,
nce verimme ogge o dimane
mmiezo Porta Capuana.“
“A Cuncetta e a Nanninella
‘e piacevan’e caramelle,
mò se presentano pe’ zitelle
e vann’a fernì ‘ncopp’e burdelle.”
Insomma, nonostante la Tammurriata nera catturi tutti con il suo ritmo incalzante e allegro – il termine tammurriata si riferisce proprio allo strumento con la quale questa musica viene suonata e con la quale si mantiene il tempo, la tammorra – il vero significato della canzone è all’estremo opposto.
Ma non è la prima volta, e non sarà l’ultima, che gli abitanti di Napoli edulcorano la dura realtà della vita nei rioni.
Domenico Rea, in un saggio intitolato Le due Napoli analizza come la letteratura partenopea tende a dare una visione tutta gioia e comunione in una città che invece, nel secondo dopoguerra in particolare, doveva fare i conti con le conseguenze di un conflitto mondiale e civile che aveva distrutto non solo le case ma anche gli animi del popolo.
Ma l’accusa di Rea non tocca Anna Maria Ortese che ne Il mare non bagna Napoli racconta la povertà morale e materiale di un popolo messo in ginocchio. Celebre è il racconto Oro a Forcella ambientato fuori il banco dei Pegni a San Biagio dei librai.
Tutte queste forme d’arte che oggi sono arrivate a noi, non sono altro che la testimonianza – in musica, in letteratura, a teatro – di uno dei periodi più duri del ventesimo secolo e di come, senza mai perdersi d’animo, i napoletani abbiano trovato la forza e i modi per rimettersi in sesto.
Perché, come recita Eduardo De Filippo in Napoli Milionaria: “Ha da passa’ ‘a nuttat”.
Maria Rosaria Corsino
Illustrazione di Sonia Giampaolo
Vedi anche: Tanabata: il legame indissolubile che unisce leggenda e realtà