Barbie è tutto ciò di cui avevamo bisogno
“Barbie” è il film di cui avevamo bisogno, oltre ad essere una vera gioia per gli occhi. Sarà al centro del dibattito pubblico per mesi, generando incassi da record. In sintesi, dovete vederlo!
Sono mesi che non si fa che parlare di altro: Barbie è ovunque. Tra collaborazioni e trailer, il nuovo film di Greta Gerwig ha catalizzato l’attenzione generale. Chi si aspettava una semplice operazione di marketing, però, rimarrà sorpreso, poiché questo film offre tantissimi spunti di riflessione.
Il più importante è la feroce critica al patriarcato e al maschilismo tossico. Sin dall’inizio del film, infatti, ci viene presentata una spaccatura. Da una parte c’è Barbieland, una ginecocrazia in cui una flotta di Barbie vive in un costante stato di euforia. Tra una festa e una giornata in spiaggia, Barbie Stereotipo (interpretata da Margot Robbie) concede il suo saluto a Ken. Lui è solo Ken, poiché vive in funzione di Barbie, aspettando un suo saluto per dare una svolta alla sua giornata.
Dalla parte opposta c’è il Mondo Reale, il nostro, in cui (come ben sappiamo) vige il patriarcato. Quando, per una crisi esistenziale, Barbie approda nel nostro mondo, rimane sconvolta: le donne non controllano il mondo, ma sono costrette a dover subire commenti sgradevoli da parte dal “macho” di turno. Mentre lei è disorientata, però, Ken è piacevolmente sorpreso: nel mondo reale finalmente si sente rappresentato, comprendendo che può far sentire la propria voce. Decide quindi di portare la sua idea di patriarcato anche a Barbieland, scatenando il caos.
La contrapposizione tra la drammaticità del Mondo Reale e la perfezione di Barbieland mostra, ancora una volta, quanto la contemporaneità possa essere spaventosa e difficile per le donne. Solo una donna, infatti, può capire a pieno la scena in cui Barbie viene fissata, come se fosse carne da macello, per strada. Per lei è una sensazione strana, poiché nel suo mondo patinato e colorato non ha mai provato imbarazzo. Qui nel Mondo Reale, invece, il catcalling e la paura di camminare per strada sono drammaticamente ricorrenti.
Barbie capisce, inoltre, che le donne reali vengono costantemente giudicate. Devono mostrarsi attraenti, ma non troppo. Devono essere bravi madri, ma senza parlare troppo dei propri figli. Se danno troppo confidenza, sono considerate libertine. Se non si concedono, sono “santarelline”. Viviamo in un mondo in cui tutti i ruoli di potere sono ricoperti da uomini ed in cui il corpo femminile è violato, sessualizzato e scrutato in ogni suo centimetro.
Viene anche citato l’esempio del “mansplaining”. Quando le Barbie si mostrano ingenue ed inesperte su tematiche quali lo sport, la tecnologia o il cinema, infatti, i Ken accorrono in loro soccorso. In questo modo il loro ego cresce a dismisura. In una scena, si arriva addirittura a criticare la stessa Barbie. Alcune adolescenti la accusano infatti di essere il simbolo del capitalismo, presentando una bellezza stereotipata e diseducativa.
Tutte queste tematiche sono presentate con notevole ironia, tramite battute argute e pungenti. Viene anche reso un toccante tributo a l’ideatrice della Barbie, Ruth Handler, che ci ricorda come questa bambola sia stata un autentico simbolo per tantissime generazioni. Le persone, come viene sottolineato, se ne vanno, ma le idee restano. E Barbie, che piaccia o meno, è diventata una vera e propria icona. Giocando con lei, le bambine di tutto il mondo hanno sviluppato i propri sogni e le proprie ambizioni. Tramite la produzione di Barbie sempre più inclusive, poi, ha contribuito all’accettazione della propria unicità.
Alcuni hanno criticato il film, affermando che sia “nazifemminista” e retoricamente politico. Tuttavia, chi contesta il lato politico di questa storia non capisce quanto gli spettatori, specialmente gli uomini, abbiano bisogno di fare tesoro del messaggio che lancia. Non per creare fazioni e divisioni, ma per capire quanto le donne, al giorno d’oggi, abbiano “fame” di far sentire le propri voci. E quella di Greta Gerwig si sta facendo sentire forte e chiara.
Stefania Berdei