Black Mirror: è corretto definirla ancora come una serie dall’oscuro riflettere?
Dopo quasi cinque anni dall’ultima stagione Charlie Brooker, il regista di Black Mirror, è tornato il 15 luglio 2023 con la sesta stagione della serie, da sempre nota per la sua rappresentazione in chiave narrativa di ogni più singola paranoia in merito al rapporto tecnologia-uomo.
Black mirror nasce nel 2011 per Channel 4 e successivamente è stata acquistata dalla piattaforma streaming Netflix nel 2015.
L’appeal che porta da ormai sei anni a questa parte lo spettatore tipico di Black mirror a mantenersi incollato alla serie, o come cita il titolo allo specchio nero, è la capacità di portarlo a riflettere in merito alle più grandi paure dell’uomo. Si è partito da quelle primordiali come la morte, difatti ricordiamo la puntata San Junipero (Quarto episodio, Terza stagione) che affronta il tema dell’eutanasia in un contesto che sfida il tempo e lo spazio, fino ad arrivare alle paure nate a causa degli sviluppi tecnologici come quelle della privazione della privacy o il semplice controllo dell’occhiello della fotocamera interna del pc (vedi Zitto e balla).
Temi e questioni affrontate che fino ad ora hanno portato ognuno di noi ad andare in overthinking di domande in merito.
Oggi però pare che questo appeal si sia perso. Il tocco di Charlie Brooker c’è sempre e lo si riconosce subito, ma forse questo non ci sbalordisce più.
Black mirror non traumatizza più lo spettatore o forse com’è normale che sia ora lo spettatore è ormai saturo di questi argomenti. Oggi la serie tratta distopie che non sono più così futuristiche e dunque non così lontane dal presente, al contrario di quello che era lo spirito iniziale della serie.
Ad esempio il primo episodio Joan è terribile è una metà-narrazione che ci mette di fronte alla responsabilità del prestare più attenzione ai termini e condizioni per l’utilizzo di un qualsiasi sito o app di internet.
L’utente online è abituato a non leggerle e accettarli senza troppi ripensamenti. Questa incoscienza è costata alla protagonista Joan interpretata da Annie Murphy la rovina della sua vita. La conseguenza è stata ovviamente esasperata e romanzata ai massimi termini da Brooker, ma se questo accadesse nella nostra vita reale?
Loch Henry è forse qualcosa di più affine allo spirito iniziale di Black Mirror, aspiranti filmmakers e un oscuro passato, qui c’è l’ubiquità dello schermo nero e il tono di angoscia.
Ma come già spiegato in precedenza la sesta stagione non ha sorpreso e scioccato più di tanto lo spettatore poiché ogni tabù tecnologico è stato ormai attraversato. Ormai ci siamo adeguati a queste distopie e dunque non le sentiamo più così distanti e non ci fanno più così tanta paura, ogni tabù tecnologico è ormai smascherato.
Il terzo e quarto episodio tutelano il criterio di Black Mirror, tra corpi robotici e quanto c’è di distruttibile per via della gelosia (Beyond the sea) e quanto si può andare oltre pur di raggiungere la fama (Mazey Day).
Demone 79, ultimo e quinto episodio, è invece tanto lontano che sembra di star guardando un episodio di stranger things, horror commedia e estetica anni 60. Senza alcun oscuro riflettere o forse sì, il tema della solitudine.
Black mirror forse non è tanto più da definirsi una seria dall’oscuro riflettere e la tecnologia è ormai un aggeggio secondario.
D’angelo Arianna