È giusto limitare gli scatti fotografici per proteggere le atlete?
La fotografia è da sempre utilizzata per catturare momenti della nostra vita particolarmente importanti, per imprimere maggiormente nella nostra memoria gli eventi positivi che ci accadono.
Ma non solo: è anche uno strumento che racconta eventi storici accaduti, tragici o meno che siano, e viene ormai utilizzata anche per raccontare gli eventi sportivi e per immortalare gli atleti nei momenti salienti della carriera.
Spesso, all’interno delle gare sportive, le fotografie sono delle vere e proprie opere arte che esprimono al meglio l’essenza dello sport e dello sportivo, mandando dei messaggi positivi.
Purtroppo, però, può accadere che in un determinato periodo storico questi scatti vengano limitati per i motivi più disparati, soprattutto al giorno d’oggi con i social network dove la diffusione di immagini è molto più facile ed immediata, tanto da creare degli algoritmi che avvisano l’utente di un contenuto delicato o arrivando, addirittura, all’eliminazione automatica.
Un divieto recente è arrivato dalla Federazione di Ginnastica Svizzera, che ha vietato ai fotografi sportivi di scattare foto “suggestive” delle atlete.
Di cosa si tratta, nello specifico?
Il divieto impedisce ai fotografi svizzeri di scattare foto alle ginnaste mentre eseguono elementi con gambe aperte, così da non ritrarre nello scatto l’inguine, in quanto possono essere “sensibili dal punto di vista etico”.
Attuando questa limitazione, la Federazione Svizzera vuole tutelare le ginnaste da persone che potrebbero sessualizzarle e renderle degli oggetti mentre eseguono certi elementi, soprattutto alla trave e alle parallele asimmetriche, mentre le foto in spaccata saranno consentite a seconda dell’angolazione.
Affinché questa procedura venga attuata, è stata addirittura modificata la posizione dei fotografi durante le gare.
Ma la Svizzera non sembra il primo Paese ad aver pensato ad una limitazione del genere durante gli eventi sportivi: anche la sua vicina Germania vorrebbe andare verso questa direzione per tutelare le sportive.
Ancora, il Giappone ha introdotto la sua prima legge nazionale per punire il “voyeurismo fotografico”, vale a dire chi ha piacere sessuale esclusivamente guardando persone seminude, nude o intente a spogliarsi, in questo caso tramite la fotografia e lo sport.
Ma questa scelta di limitare gli scatti agli eventi sportivi è molto discussa non solo tra chi, lo sport, lo segue con passione ma anche e soprattutto da tutti quei professionisti che lo sport lo raccontano e lo praticano.
Infatti, non sono mancati i commenti da parte di alcune ginnaste a proposito di questa vicenda, come si può leggere in un recente articolo di Ginnasticando.it che ha raccolto alcune di queste opinioni.
Le atlete nell’articolo, che vanno dall’aerobica all’artistica e non solo, si trovano contrarie a questi limiti in quanto non solo oscurano la massima espressione di alcuni elementi, ma non le dà neanche il modo di rivedere l’esecuzione e di migliorare attraverso essa.
Questo fa capire come la fotografia sia fondamentale, diventando anche uno strumento di insegnamento tramite il quale si impara dai propri errori.
Ma non sono gli unici problemi della questione.
Una domanda fatta spesso su internet è: può risolvere, questa limitazione degli scatti “sensibili”, il problema della sessualizzazione femminile nello sport?
Molte persone, con le quali sento di concordare, sono fermamente convinte che questo provvedimento da parte della Federazione di Ginnastica Svizzera non risolverà il problema, in quanto la malizia sta negli occhi di chi guarda le foto e non di chi sta semplicemente svolgendo il proprio lavoro.
Bisognerebbe, quindi, educare chi, questi sguardi indiscreti, li ha indipendentemente dal contesto e abbandonare l’idea che siano le donne da dover proteggere da certe dinamiche.
Irene Ippolito
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