Pillola anticoncezionale gratuita? Non in Italia
In occasione della giornata nazionale per la salute della donna, il Comitato prezzi e rimborsi dell’Agenzia italiana del Farmaco (Aifa) aveva deciso che la pillola contraccettiva sarebbe stata fornita gratuitamente a tutte le donne di qualsiasi fascia d’età.
Si era stimato che il costo per lo Stato sarebbe stato di 140 milioni all’anno e che il servizio sanitario italiano era perfettamente in grado di coprirlo. In questo modo lo Stato italiano avrebbe finalmente garantito un diritto che in altre nazioni europee è assicurato da anni.
Troppo bello per essere vero? Sì.
Il consiglio d’amministrazione dell’Aifa, guidato da Giorgio Palù, all’interno del quale figurano molte personalità vicine alla Lega, ha già presentato la propria opposizione, rinviando la distribuzione gratuita della pillola anticoncezionale. La motivazione del rimando sarebbe che l’Aifa “non ha ancora elaborato precise indicazioni sulle fasce di età a cui concedere gratuitamente la pillola anticoncezionale, sulle modalità di distribuzione e sui costi per il sistema sanitario nazionale nei vari scenari di adozione della rimborsabilità”.
“Tutte le donne” e “di tutte le fasce d’età” non sono state considerate indicazioni abbastanza precise, per cui non sussisterebbero gli elementi per deliberare.
Le motivazioni sono deboli e fanno pensare che si tratti di un tentativo di bloccare la proposta, nascondendosi dietro un rinvio. Eppure, rimandare la decisione significa continuare a calpestare e a non riconoscere i diritti delle donne.
All’articolo 32 della Costituzione italiana si legge che “La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività, e garantisce cure gratuite agli indigenti”. Eppure, la pillola concezionale al momento non è né gratuita né scontata nemmeno per tutte quelle donne che sono costretta ad assumerla a causa di patologie, come l’endometriosi o l’ovaio policistico.
Inoltre, non si sta tenendo conto del fatto che il diritto alla salute comprende in sé anche il diritto alla salute sessuale e riproduttiva, la cui definizione ufficiale, coniata durante la Conferenza sulla popolazione e lo sviluppo che si è tenuta al Cairo nel 1994 – dunque, ben ventinove anni fa – è “lo stato di benessere fisico, mentale e sociale, correlato al sistema riproduttivo e alle sue funzioni. Implica che le donne e gli uomini devono essere in grado di condurre una vita sessuale responsabile, soddisfacente e sicura; che devono avere la capacità di riprodursi e la libertà di decidere se, quando e quanto possono farlo”. La salute riproduttiva sarebbe da ritenersi diritto e pilastro della dignità della donna, un diritto che in Italia viene riconosciuto, ma non garantito, così come non viene garantito il diritto delle donne all’autodeterminazione e alla libertà di scelta.
Tra l’altro, negli ultimi mesi il costo della pillola anticoncezionale è aumentato, rendendo ancora più proibitivo il suo utilizzo proprio per le donne che ne hanno più bisogno: quelle di giovane età e quelle che si trovano in situazioni economiche di svantaggio.
Sembra che ancora una volta lo Stato italiano garantisca l’esercizio delle libertà solo a chi ha potere economico, andando contro gli stessi principi della sua Costituzione.
Nadia Rosato
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