Quanti secondi servono per fare violenza?
Negli ultimi giorni due notizie sono state particolarmente discusse dai media e dall’opinione pubblica: il collaboratore scolastico assolto dall’accusa di violenza sessuale e Leonardo La Russa, figlio del Presidente del Senato, accusato di stupro da una ventiduenne.
Un collaboratore scolastico dell’istituto Cine Tv Roberto Rossellini è stato accusato di molestie da una ragazza di diciassette anni, studentessa in quella stessa scuola, che il 12 aprile 2022 era stata toccata dall’uomo mentre saliva le scale. L’uomo è stato assolto dall’accusa perché, secondo il tribunale di Roma, non c’era intenzione da parte sua di compiere violenza. L’uomo si era difeso dichiarando di averlo fatto “per scherzo” e la brevità del contatto avuto con la diciassettenne è stata considerata una prova sufficiente a dichiarare valida questa tesi difensiva.
Viene da chiedersi a questo punto cosa abbia portato un uomo di sessantasei anni a credere di poter scherzare liberamente con il corpo di una diciassettenne, ma la sentenza del Tribunale dimostra che, di fatto, un gesto del genere non porta a nessuna conseguenza. Un’altra domanda che sorge spontanea è perché siano state indagate le intenzioni dell’uomo, ma non sia stata data nessuna rilevanza alla volontà della vittima che a questo “scherzo” non voleva essere sottoposta.
Negli stessi giorni in cui il collaboratore scolastico veniva assolto, Leonardo La Russa è stato accusato di violenza sessuale da una ragazza di ventidue anni. Le indagini sono ancora in corso, ma il modo in cui la vicenda è stata raccontata unisce in un solo tema questi due casi pur tanto diversi tra loro.
La difesa mediatica di Leonardo La Russa si è basata unicamente sul tentativo di screditare la ragazza, la cui denuncia non sarebbe attendibile perché aveva consumato della cocaina e perché è stato giudicato sospetto che abbia impiegato quaranta giorni per denunciare il fatto.
Che cosa hanno in comune questi due episodi?
In entrambi i casi è stata messa in discussione la molestia, non il molestatore.
Nel primo caso, la molestia non c’è stata perché non era nelle intenzioni dell’uomo e poco importa se la vittima l’abbia vissuta come tale al punto da denunciarla, poco importa che quelle mani sul suo corpo la ragazza non le aveva chieste, non le aveva volute e non le aveva trovate divertenti.
Nel secondo caso si è messo in dubbio che ci sia stata molestia, perché se una ragazza fa uso di cocaina e perde la capacità di dare consenso, allora il consenso è automaticamente dato.
Questi due episodi dimostrano che siamo ormai abituati a considerare il corpo delle donne a disposizione di tutti, sono lo specchio di una società in cui è giudicato normale guardare, toccare e usare il corpo delle donne senza bisogno di chiedere il consenso.
Ancora di fronte a un’accusa di violenza sessuale si ricercano le responsabilità di chi denuncia prima di quelle di chi è accusato. Ancora la voce di chi denuncia viene sminuita e umiliata e per questo non c’è da stupirsi se molte donne sono ancora restìe nel denunciare, né che manchi la fiducia nel sistema di protezione dello Stato.
Nadia Rosato