La Varen’ka Olesova di Maksim Gor’kij
Ma ci piace o non ci piace Varvara Vasil’evna Olesova?
Gorkij pensa bene di mostrarci nel suo racconto breve, uscito nel 1898, una donna come Varvara Vasil’evna, che in un istante indispettisce un uomo sognatore e docente universitario come Ippolit Sergeevič Polkanov, attraverso la sua sensualità e passionalità, una donna che lo attira e incuriosisce, che non ha nessun tratto di timidezza o qualcosa di angelico.
Ci troviamo di fronte a un nuovo tipo di donna, una donna che si mostra cosi com’è, che non fa incappare a Ippolit in un’illusione, come per esempio accade in Senilità di Italo Svevo con Angiolina.
La povest’ di Maksim Gorkij, questo racconto breve uscito nel 1898, tratta di una storia banale, potrebbe sembrare di star raccontando un racconto poco originale, invece tutt’altro. La storia prende avvio con Ippolit Sergeevič che riceve una missiva da parte della sorella Elizaveta Sergeevna, che gli dice che è morto il marito e per questo dovrebbe andare in campagna. Ippolit, un insegnante, uno scienziato e amante della botanica, parte da San Pietroburgo per la campagna, questo modo di far prendere avvio una storia lo possiamo vedere in Evgenij Onegin di Aleksandr Sergeevič Puškin.
Ecco che Ippolit in quest’oasi che rappresenta la campagna, fa la conoscenza di Varvara Vasil’evna, che subito lo fa andare nel panico, con la sua spigliata parlantina, sicurezza e con la sua bellezza.
Varen’nka non rappresenta il prototipo di donna con la quale Ippolit è abituato ad approcciarsi, perché lei prende l’iniziativa in tutto, al contrario di Ippolit, che si lascia trascinare dalle fantasticherie, quello che Freud chiamava phantasieren, cioè sognare ad occhi aperti.
Ma appena parla Varen’ka subito Ippolit rimane impressionato dalle sue idee ben diverse dalle sue. Ippolit è un personaggio che incarna il sognatore per eccellenza, che fa delle critiche costruttive a proposito dei contadini.
Ippolit sfoggia un primo proposito nei confronti di Varen’nka, e cioè che gli è indifferente la sua bellezza, anche sapendo che lì tutti gli uomini la corteggiavano ma il giorno dopo quel proposito non aveva già alcun valore.
Se Gorkij attraverso questi due personaggi, è un racconto breve psicologico, vuole far parlare della situazione in Russia, a proposito dei contadini, lo fa fare a questi due personaggi che rappresentano gli antipodi.
Subito a noi lettori vengono mostrate le idee ‘romantiche’ di Varen’ka, legge libri di secondo ordine dove ci sono i cattivi che lottano per ottenere la vittoria, e lei parteggia per questi, per lei sono eroi, veniamo a sapere che non ama leggere gli autori russi e sostiene che i contadini sono “furbi e ladri” e per questo devono imparare a stare al loro posto attraverso la violenza. Questo ci fa comprendere com’era la realtà per i contadini a quell’epoca.
In tutto questo, Ippolit Sergeevič, cerca di portarla sulla retta via, cerca di farle capire che il suo non è un pensiero giusto, senza risultato.
Questa è la particolarità, a mio parere, di questo breve racconto, la figura di Varen’ka, lei incarna la figura femminile di una donna che non riesce a essere remissiva, tutto il contrario, è una donna pratica, che espone le sue idee con fierezza e passione e senza cambiare idea, è una donna che agisce e soprattutto che sa quello che desidera.
Varvara Vasil’evna osa anche rifiutare i pretendenti, osa anche dire che non vuole sposarsi, un po’ come accade nel romanzo di Che fare? Di Nikolaj Gavrilovic Černyševskij con il personaggio di Vera Pavlovna.
Il personaggio di Ippolit Seergevič, è un personaggio che fa da spettatore, che non agisce, si trastulla nei suoi pensieri nei suoi “se” e i “ma”, sogna, sogna di stare con Varvara e poi cambia idea e pervaso dalle sue letture importanti e tiene a cuore, al contrario di Varvara, della sorte dei contadini.
È un personaggio che allo scrittore e saggista francese Paul Bourget, non sarebbe piaciuto, perché appunto rappresenta l’uomo preso dalle fantasticherie e non dalle azioni, rimane immobile nel suo stato delle cose, come possiamo capirlo dal termine del romanzo, con questa visione:
Si tirò a sedere addossandosi a un tronco d’albero – se era un tronco d’albero – e si mise a guardare inebetito le torbide acque del fiume che scorreva ai suoi piedi. Scorreva lento…lento…
Emilia Pietropaolo
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