Palomar: realtà, osservazione ed emozione
Palomar è una raccolta di racconti di Italo Calvino, pubblicata nel 1983. Il titolo del libro rimanda all’Osservatorio astronomico di Monte Palomar, dove si trova il celebre telescopio Hale, metafora per Calvino, del bisogno di conoscenza insito nell’uomo.
L’opera è divisa in tre parti: ”Le vacanze di Palomar”, “Palomar in città”, “I silenzi di Palomar”, secondo lo schema delle “narrazioni incastonate”.
Elemento particolare del libro (uno dei tanti) è il tempo della narrazione, essa si svolge nel momento presente e non ci sono racconti che riportano eventi o episodi del passato.
Il Signor Palomar accompagnerà, osservando il mondo circostante, il lettore in una lettura ricca di suggestione ed estremamente interessante, nel corso della quale viene fuori lo stile dell’autore e si delineano i caratteri della raccolta, tra le più famose e lette.
Palomar è il romanzo di chiusura di una carriera letteraria che ha portato Calvino a rappresentare tutti i generi letterari dal neorealismo alla letteratura combinatoria. Il celebre autore italiano scrisse l’opera dopo due anni di silenzio e dopo aver collaborato con molti quotidiani.
In realtà lo scrittore in un’intervista definì l’opera come “un’autobiografia in terza persona”, scritta dopo aver sperimentato diversi generi letterari e con una consapevolezza maggiore rispetto alle opere precedenti.
Inizialmente Palomar, protagonista dell’opera, è l’alter ego del poeta, un uomo che prende coscienza della netta decadenza che della società italiana tra gli anni Settanta e Ottanta: una vera e propria crisi non solo sociale, ma soprattutto politica alla quale non è possibile dare una risposta. Inutile ogni tentativo di capire cosa stia accadendo, l’unico modo per “agire” è osservare il mondo e provare a descriverlo.
Ecco dunque che ogni racconto si colora con frammenti ed elementi soavemente descritti, che sembrerà quasi di poter toccare o magari concretizzarsi dinnanzi ai propri occhi, oltrepassando qualsiasi linea di demarcazione.
Leggendo Palomar, pagina dopo pagina, è quasi come se si potesse oltrepassare l’immaginazione, concretizzandola e dandole materialità.
Probabilmente è proprio questo il – segreto – che rende le opere di Calvino, così intense e meravigliosamente sorprendenti.
Calvino scrive ben ventisette racconti che compongono Palomar: la descrizione di un’onda, del cielo, la luna di pomeriggio, del volo degli storni, di una tempio buddista a Kyoto, di una bottega di formaggi.
Palomar spesso alza gli occhi al cielo, da attento osservatore quale è, osserva le stelle, ma anche per riflettere e per comprendere su quale sia il metodo migliore per relazionarsi con il mondo circostante, con gli altri, per raggiungere passo dopo passo, la saggezza giusta che gli permette di vivere bene e (probabilmente) di dare risposta ai propri interrogativi.
Ricordiamo che i ventisette racconti sono a loro volta suddivisi in tre parti, ognuna delle quali contiene tre capitoli che a loro volta includono tre sotto capitoli ognuno. Le cifre 1, 2, 3, che numerano i titoli dell’indice, siano esse in prima, seconda o terza posizione, corrispondono a tre aree tematiche, a tre tipi di esperienze e di domande che, disseminati in vario modo, sono presenti in ogni parte del libro.
Il numero uno corrisponde alle esperienze visive e quindi alle descrizioni particolareggiate che il Signor Palomar propone ai lettori.
Il numero due invece, contiene elementi sociali, culturali, antropologici, ma anche simboli e significati che saranno svelati pagina dopo pagina.
Infine il numero tre, riguardano i rapporti tra l’io ed il mondo.
Sicuramente l’osservazione è ciò che caratterizza maggiormente la stesura della raccolta, che Calvino divise in più fasi. Osservare è fondamentale per capire, anche se non sempre si riesce a trovare una spiegazione a quanto si vede. Tuttavia, leggendo Palomar, ci si accorgerà che anche il piccolo particolare, conduce il lettore verso aspetti diversi dell’esistenza: dalla più banale delle cose a quelle più significative.
È importante sottolineare che il protagonista dell’opera di Italo Calvino, non vede, non guarda, ma osserva, concetto estremamente diverso rispetto ai primi due. Osservare permette di penetrare all’interno delle cose, andare oltre, fermandosi a riflettere, senza tralasciare nulla.
L’opera può essere letta anche da un punto di vista prettamente filosofico, come concetto che consente di capire, elementi dell’esistenza.
Sia l’osservazione, intesa in senso filosofico come vero e proprio filtro sensoriale delle informazioni, attraverso il pensiero e l’interpretazione, sia la perfetta distinzione tra significato e significante (ben spiegata dalla linguistica italiana) sono le chiavi di lettura dell’opera di Calvino.
Il significato consente al protagonista di vedere ciò che lo circonda, spesso commentandolo con spirito malinconico e con tristezza, mentre il significante mette in atto quel complesso di principi e criteri che regolano determinate scelte politiche, sociali, culturali. In linguistica, il significante è la parola, mentre il significato è ciò cui la parola stessa si riferisce, dunque uno può essere considerato immateriale (anche se riportato graficamente) l’altro è materiale.
È ciò che avviene all’interno di Palomar, il personaggio osserva, pensa il modo attraverso il quale può intervenire per cambiare le cose, spesso rendendosi conto che l’intervento dell’uomo in realtà non è sufficiente. Italo Calvino scompone l’intreccio narrativo ai minimi termini, mescola parole, simboli, temi, immagini, mettendo “alla prova” il linguaggio inteso come significante.
Tutto ciò si riscontra nella descrizione minuziosa della fauna, dei paesaggi, della natura, nei silenzi dei luoghi visitati, che Calvino cita e ha realmente visitato, quindi conosce bene.
“Se il tempo deve finire, lo si può descrivere, istante dopo istante”, ed è così che bisogna leggere Palomar, assaporando ogni parte come se qualcuno improvvisamente potesse portarci via il libro.
Gerardina Di Massa
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