Iulia de Beausobre: Sofferenza creativa
“Quando mi è stato chiesto di parlarvi della sofferenza, ho subito pensato che sarebbe stato meglio, e utile […] parlare del suo lato più luminoso, delle sue possibilità creativa […] nel complesso, l’atteggiamento dei russi nei confronti della sofferenza.”
La scrittrice russa Iulia de Beausobre (nota come Julia Namier) nata Iulia Michaelovna Kazarina ha scritto varie opere di spiritualità cristiana e una biografia sul marito con cui vinse il James Tait Black ma con quest’opera, un libricino di poche pagine, si dedica sull’argomento della sofferenza ma la sofferenza di come la vedono i russi e per farlo, parla anche dei “folli in Cristo”.
Sofferenza creativa, un titolo evocativo e pubblicato presso Graphé edizioni a cura di Alessia Brombin, mette in evidenza cos’è la sofferenza creativa sotto l’aspetto spirituale.
“La medicina si è impegnata in ricerche che si occupano del dolore fisico, mentre le altre forme di sofferenza sono state appannaggio della sociologia”.
Ci chiediamo spesso cos’è il dolore ma pensiamo solo al fatto che il dolore sia solo qualcosa che riguardi l’aspetto fisico, invece, secondo la scrittrice, il dolore non è solo fisico ma anche interiore e dovrebbe essere trattato dai teologi.
Imprigionata nel 1932 presso il palazzo della Lubjanka, la sede dei servizi segreti di Mosca, in questo periodo sotto torture, prega. Trova il Vangelo come salvezza e in questo periodo inizia a vedere la sofferenza sotto un altro aspetto.
Sposa un diplomatico russo Nikolay de Beausobre, un matrimonio che portò a scaturire scalpore nella Russia di quell’epoca, e per questo, in piena guerra civile russa, attira le attenzioni della polizia politica.
Tutte le sue sofferenze personali e la sua esperienza traumatica durante il periodo di prigionia sono descritti nel suo altro libro, scritto per la prima volta nel 1938 nell’autobiografia Non poter morire (The woman who could not die).
In quel periodo di prigionia e dopo la fucilazione del marito, Iulia de Beausobre, inizia a concepire la sofferenza creativa.
Torturata e rilasciata dal campo di prigionia con documenti irregolari che la portano a vivere nel ‹‹nascondiglio›› comincia a tessere la sua visione sulla sofferenza, portando con sé l’idea degli atteggiamenti degli “Stolti in Cristo”, in certo modo, abbraccia le miserie della vita.
In questo piccolo libricino parla della Creative suffering che non riguarda il dolore fisico ma quello interiore e ne parla usando anche degli esempi letterari, per esempio Dostoevskij con la scena della Leggenda del Santo inquisitore presente nell’ultimo suo romanzo I Fratelli Karamazov e soprattutto parlando di come il dolore diventa condivisione, in proposito di queste figure leggendarie dei “folli in Cristo” meglio noti come Jurodivjy.
I folli in cristo sono conosciuti e popolari in Russia, partecipano attivamente al dolore.
“Il folle […] ha un comportamento bizzarro: vive in estrema povertà, grida parole apparentemente prive di significato, compie azioni e gesti fuori dalla logica comune.
Ciò è motivato dal desiderio di disprezzare se stesso e far risaltare la gloria di Dio; il folle vuol dimostrare la vanità delle apparenze, la menzogna dell’amor proprio, dell’orgoglio, della superbia, e intende offrire un richiamo all’autenticità della vita cristiana”.
Iulia de Beausobre con questo libro stila la sua visione personale sulla sofferenza ma non lo fa nell’ottica occidentale, diciamo, tutt’altro, come dice all’inizio di questo libro: lo fa parlando e citando dei Santi e Sante come Juliana Lazervskaja.
La sofferenza è inscritta nell’ottica russa, perché ecco non dobbiamo pensare al fatto che il dolore sia solo qualcosa di fisico come il sadismo e masochismo ma è qualcosa di più che riguarda la sfera del misticismo, della fede.
La scrittrice lo spiega in una maniera logica e lineare, lo spiega ma non pretende con questo libro di insegnarci a cosa e come aggrapparci in momenti di sofferenza, c’è chi trova e cerca la fede in questi casi. La sua è solo la sua esperienza prettamente personale, niente altro.
“Partecipa a tutto il male e alla degradazione, e crede fermamente che così facendo contribuisce al grande dramma della redenzione”.
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