L’indefinibile ha gli occhi attenti
È che se cado all’interno di un buco nero, io non so, se sono destinata a sparire o a esistere per sempre.
Da una parte la fisica, quella classica (e in particolar modo l’autore del libro che ho sul comodino) sosteneva che i buchi neri fossero corpi celesti eterni e mostruosi, e che, dunque, tutto ciò che vi cadeva dentro fosse irrecuperabilmente destinato a esistere per sempre.
Sono seduta sul divano, finalmente non si muore dal caldo qui, e guardo, le nuvole e la pioggia che cade giù, lenta. Poche gocce, poi smette, tira vento. La pianta di basilico lotta contro il vento con tutta la sua forza, convincendo anche me che ce la farà.
Bizet è sdraiato ai mie piedi, tranquillo perché non ci sono tuoni, per ora. Stanotte potrei dover dormire con lui, il che significa che non dormirò. Fisserò il cielo nero e aspetterò i lampi. Potrebbe essere una notte bellissima questa. Promessa e nostalgia. Siamo quello che vogliamo essere.
Bene, se non esistessi, non esisterebbe. L’indefinibile. Sono io. Sono sempre io a percepirlo e a viverlo. A modo mio. È con me giorno e notte, come quel capriccio di gravidanza di una donna per il cibo o le bevande. È tutto in quei suoi occhi birichini. Che poi la vita è vissuta a periodi, e questo, è un periodo un po’ così.
Se dovessi scrivere su di un foglio la definizione univoca di quello che per me vuol dire indefinibile, forse forse, il foglio rimarrebbe bianco. Sarà questa la mia forza? L’indefinibile. Il limite del definibile. E proseguo.
Viva chi si rialza, sorride, magari tra le lacrime, e prosegue. E prosegue questa cosa complicata ma bellissima che si chiama vita.
Amo questo senso di realtà e di sicurezza in se stessi. Sembra strano, sembra essere umano.
Guardami come mi guardi.
Guardami come mi guardi dopo aver visto un buco nero.
Francesca Scotto di Carlo
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