Si sta vicini per fare miracoli
Qui i miei pensieri non vogliono saperne di calmarsi.
Una scimmietta isterica si agita nel mio cervello, saltando da un neurone all’altro come se fossero i frondosi rami di una pianta tropicale.
Si tratta di un’immagine che, senza dubbio, rende l’idea. La mia testa non riesce a spegnersi, e i miei pensieri iniziano a correre.
E mentre scivola pian piano nello stato di trance, io qui – benché non stenti ad immaginare che vi siano vite dedicate a cose di molto minor conto – devo imparare ancora un sacco di cose.
Ogni cosa mi appare, e sbalorditivamente, luminosa e opulenta. Tutt’attorno, ci sono gli avvenimenti ordinari del presente, le azioni da compiere una dopo l’altra e che non hanno alcuna eco nel passato, pensieri nuovi e strade a cui non mi abituerò mai.
Siamo interi. Tutti. Unici, diversi e soli. Siamo noi. Non siamo l’altra metà della mela. Siamo mele intere.
L’altra metà della tua mela non è la mezza mela di un altro. Due mele sommate danno come prodotto due, due mezze mele ne danno uno.
“Si sta vicini per fare miracoli, non per ripetere il mondo, che già c’è, che già siamo” ha scritto il poeta Franco Arminio.
Si sta vicini per fare miracoli è il titolo del mio articolo. Questo. Lo abbiamo scritto noi. Insieme.
In questo mondo di mille sfumature, di giochi, di parole, di fili intrecciati, abbiamo bisogno d’amore. Furiosamente.
Si tratta di accompagnarsi. Coltivare insieme. I giardini sono due, le mele pure. Buttiamo giù il muro che ci separa; io continuo ad avere il mio giardino, continuo a coltivarlo, e allo stesso tempo, coltivo anche un po’ il tuo. Scelgo le piante da potare, installo un impianto di irrigazione centralizzato, arredo, progetto. E insieme, pianifichiamo come e dove piantare nuovi fiori. I nostri.
Questa fine di agosto, i tuoi occhi, s’illanguidiscono un poco. I tuoi occhi, immensi, perfetti.
Lo so. So che hanno bisogno della luce del sole ma mi sento come quando ero bambina, ormai trent’anni fa, mia mamma mi svegliava per andare a scuola e io la pregavo da sotto il lenzuolo.
Ancora cinque minuti, ti prego.
Lasciami ancora cinque minuti di buio.
Francesca Scotto di Carlo
Leggi anche: Mettimi in tasca così non mi perdi