“Io capitano” è un film che tutti dovremmo vedere
“Io capitano” di Matteo Garrone è stato scelto per rappresentare l’Italia agli Oscar.
La storia di Seydou e Moussa ha già conquistato pubblico e critica, mostrandoci quanto sia importante raccontare storie del genere.
Il tema delle migrazioni è estremamente delicato, arrivando ad animare costantemente i dibattiti pubblici e riempiendo quotidianamente le pagine dei giornali. Eppure, abbiamo la brutta abitudine di focalizzarci solamente sul nostro punto di vista, arrivando a catalogare i migranti come dei semplici numeri. Evidenziamo le cifre degli sbarchi, dimenticandoci che chiunque ha il diritto di ricercare e raggiungere condizioni di vita migliori, pur non scappando necessariamente da guerre o tragedie. Matteo Garrone vuole esprimere proprio questo concetto. Per farlo, ha cercato di dare risalto alla storia di due giovani ragazzi, che partono in modo volontario, senza pressioni o sofferenze alle spalle.
I due protagonisti di “Io Capitano”, Seydou e Moussa, fantasticano su un futuro nel mondo della musica, guardando sui social network i video dei loro coetanei europei e cantando canzoni rap. Spinti dall’istinto, decidono di intraprendere un viaggio, lasciando il Senegal per arrivare in Europa. Il loro entusiasmo verrà però presto smorzato dalla dura realtà, caratterizzata da tantissime insidie. Il loro viaggio si trasformerà presto in un’Odissea, tanto che il regista ha sottolineato la volontà di creare una storia dal carattere universale, una sorta di romanzo di formazione. Ha paragonato la storia di Seydou e Moussa a quella di “Pinocchio”, di cui lo stesso Garrone ha realizzato una versione nel 2019. Anche il celebre burattino di Collodi, infatti, incarna il viaggio dall’ingenuità alla consapevolezza dell’età adulta.
Le scene di “Io capitano” acquistano, con il passare dei minuti, maggiore drammaticità e maggiore tensione. Vengono sapientemente mostrati i pericoli e le fatiche della traversata nel deserto, che lascia indietro chi non riesce a stare al passo con gli altri. Vengono poi descritte le condizioni disumane e crudeli dei centri di detenzione in Libia, di cui sentiamo parlare spesso dai giornali, ma che facciamo finta di non conoscere. Infine, sullo schermo appaiono le migliaia di persone stipate ogni giorno su barconi fatiscenti, lasciati in balia dell’imprevedibilità del mare. Il valore della vita perde crudelmente il suo significato, mentre lo spettatore prende consapevolezza della disparità in tema di diritti. Come sottolineato durante la conferenza stampa del film, infatti, un giovane europeo può raggiungere qualsiasi stato africano, volando comodamente in aereo. I giovani provenienti dal continente africano, invece, faticano ad ottenere un visto e sono costretti ad intraprendere viaggi per cui rischiano la vita. Una volta giunti a destinazione, poi, sono accolti a suon di “Aiutiamoli a casa loro” e “Se dovete rischiare, rimanete a casa vostra”.
Seppur affrontando un tema abusato e inflazionato come quello dei migranti, Garrone riesce a regalarci una prospettiva fresca, che sicuramente lascerà il segno. La novità di questa prospettiva è data dal fatto che, per la prima volta nel nostro paese, vengono raccontate a gran voce le vere storie dei migranti. Nel concreto, infatti, Matteo Garrone si è ispirato alla vicenda di Mamadou Plee, un mediatore culturale che attualmente vive a Caserta. Nel 2006 ha lasciato, insieme a suo cugino, la Costa D’Avorio, per scappare dalla guerra civile e per raggiungere l’Europa. Arrivato in Niger, però, è stato fermato dai trafficanti libici, che costringono ogni giorno i migranti a pagare per proseguire il proprio viaggio. Chi non ha soldi per pagare viene rinchiuso nei terribili centri di detenzione, dove avvengono torture e violenze di ogni genere. Mamadou è riuscito miracolosamente ad uscire dalla prigione, accettando di lavorare come muratore. Dopo aver aspettato 3 anni, continuando a lavorare e cercando di accumulare i soldi necessari per continuare il suo viaggio, nel 2008 è riuscito finalmente ad imbarcarsi per l’Europa, dovendo affrontare anche il naufragio del gommone su cui viaggiava. Mamadou ha affermato di essersi emozionato quando ha visto per la prima volta il film, poiché ha ripercorso tutte le difficoltà che ha dovuto affrontare durante il suo cammino.
Presentato allo scorso Festival di Venezia, “Io capitano” ha vinto il Leone d’argento alla regia. Seydou Sarr, uno degli attori protagonisti, si è inoltre aggiudicato il Premio Marcello Mastroianni per il miglior attore esordiente. L’intero casting della pellicola è stato realizzato in Senegal, dove sono stati individuati e scritturati i due attori protagonisti, Seydou Sarr e Moustapha Fall. L’intero film, disponibile al cinema, è in lingua wolof con sottotitoli in italiano, al fine di preservare la naturalezza dell’interpretazione attoriale. Dopo un elogio di critica e di pubblico, il nuovo film di Matteo Garrone è stato inoltre scelto per rappresentare l’Italia alla prossima edizione degli Oscar. Tuttavia, bisognerà aspettare gennaio per scoprire se la pellicola riuscirà a guadagnarsi un posto nelle nomination ufficiali. Incrociamo le dita!
Stefania Berdei
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