Gli incompresi di Lisbona Francesco: Le donne senza Voce
Gli incompresi, scritto da Francesco Lisbona, è un romanzo che dà voce alle donne recluse in manicomio durante il periodo fascista in Italia. È la storia delle anime sospese che non hanno voce.
È una storia femminile, donne rinchiuse nel manicomio di Santa Caterina, ognuna di loro ha provato ad andare contro la società e lo stato, si sono ribellate e per questo sono state punite.
La particolarità di questo romanzo è che ogni capitolo si conclude con una poesia, questo prova un messaggio di speranza per queste donne, che all’improvviso si sono ritrovate a sopravvivere ma soprattutto a perdere la loro condizione di femmina.
“Era il rifugio delle insofferenti e delle ribelli”
Essere donna in quell’epoca significava essere l’angelo del focolare, significava passare dalla casa paterna a quella del marito, se non quella della suocera che dettava legge. Una suocera che qui ha il valore dell’antagonista, un personaggio che per tutta la durata del romanzo non mostra un accenno di rimorso.
In quest’ospedale psichiatrico, sebbene siano rinchiuse le donne considerate dalla società come pazze oppure non idonee a quell’epoca, c’è un’infermiera che fa da intermediaria per le famiglie di queste anime sospese. Teresa culla come una madre queste donne, mostra il suo lato di Giuditta e lo fa per loro, si vendica per loro e soprattutto per ridare la vita e la condizione di madre a Lucilla.
Lucilla è un nome, una madre, una donna innamorata, una donna che si ribella alle avances di un uomo, è l’anima sospesa in attesa di rivedere i suoi figli.
Una donna non può ribellarsi, è la sua natura quella di sottomettersi e di tacere. Deve fare i conti con il fatto che è solo un involucro per sfornare la prole e stare accanto al marito.
Lucilla passa la metà della sua vita ad essere trattata come una pazza, a sperare di rivedere i suoi figli. Un legame difficile da spezzare.
“Era madre di due figli e il suo più grande vizio era la parola”
In un letto bianco, occhi tristi e mente fritta a causa dell’elettroshock, queste donne non si arrendono, lottano con le urla, arrivando anche a perdere la vita senza aver visto un familiare. È la storia anche della madre di Francesco, che perde la testa dopo aver perso il suo amato, è la donna con i fiori di zucca.
È una corsa per ritrovare e salvare Lucilla, si muove tutto in un’atmosfera malinconica e con il ticchettio della speranza. Teresa e Francesco sono i guardiani e i cavalieri in questo romanzo, corrono per ridare la parola a Lucilla, corrono per ridare la dignità a tutte le donne considerate erroneamente pazze dallo stato e dalla società.
“Le donne del Santa Caterina avevano imparato a non essere più femmine”
Lucilla corre con la mente e con le gambe per ritrovare i bambini perduti e quando trova il bambino perduto ormai adulto, lo “abbraccia” senza lasciarlo più. In quell’abbraccio non c’è solo la speranza ma anche le lacrime di una madre che pensava di non rivedere il filo invisibile cucito sul ventre.
“Lei lo vide per la prima volta. Chiuse gli occhi, sospirò e una lacrima le bagnò il viso”
Emilia Pietropaolo
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