L’epidemia del “not all men”
In momenti di crisi e buio come questi, ci si aspetterebbe comprensione, empatia e, lì dove non può proprio esserci tutto ciò, quantomeno il silenzio.
Conosciamo ormai bene, però, il bisogno fuori luogo e impellente che hanno alcuni uomini di giustificare sé stessi e il loro genere, con frasi fatte talvolta offese e rancorose, talvolta aggressive.
Le si può scorgere senza sorpresa anche dove non c’entrerebbero niente, per esempio tra i commenti di un post in cui una donna esprime il suo dolore, la sua paura o la sua rabbia in seguito all’ennesimo femminicidio. Ecco che qualcuno, puntualmente, spunta con un: “ma non siamo tutti così”.
Un’interruzione per nulla costruttiva di un discorso ben più importante, in questo senso, dunque, un ennesimo esempio di mansplaining – l’abitudine degli uomini di togliere la parola a una donna per correggerla o spiegare qualcosa a modo loro, anche quando quest’ultima è molto più qualificata sull’argomento di cui si sta parlando – che evidenzia solamente quanto la mascolinità possa essere fragile e che rende i promotori di questo slogan una grande parte del problema, al contrario di quello che vorrebbero dimostrare.
Noi lo sappiamo che non tutti gli uomini sono così. Io, personalmente, so che mio padre e il mio fidanzato non mi farebbero mai del male. So anche però che entrambi, da uomini, sono cresciuti in una cultura patriarcale, e se sono quello che sono oggi è dovuto – oltre a un tipo di educazione spesso e purtroppo rara – a un loro sforzo in più, a una necessaria presa di coscienza. Alla consapevolezza che li porta a inorridire in situazioni del genere e non a gridare ai quattro venti che loro non lo farebbero mai, che non c’entrano niente: non hanno bisogno di convincere sé stessi e gli altri ripetendo ciò ossessivamente, aspettandosi quasi una pacca sulla spalla, i complimenti per essere persone decenti e civili, una medaglia al merito per non aver mai ucciso o picchiato una donna. Sanno di non essere così, ma sanno anche perché certi uomini, invece, lo sono.
Limitarsi a dire “non tutti gli uomini lo fanno” in momenti in cui si parla di come una donna sia stata uccisa o stuprata da un uomo, minimizza un problema innegabilmente enorme, sposta il focus del discorso – incentrandolo ancora una volta e come sempre su di voi – e sminuisce le morti di migliaia di donne, oltre che la nostra paura.
Inoltre, è bene ricordare che i femminicidi sono un fenomeno estremo della violenza di genere, la quale non comprende solo la violenza fisica e sessuale, ma anche quella psicologica ed economica. Si può essere violenti in innumerevoli modi: molestando le donne, manipolandole, controllandole, rendendole vittime di stalking o revenge porn… la lista è lunga e fatichiamo a credere che chi si tatuerebbe sulla fronte “not all men” non abbia mai discriminato una donna in quanto donna o non abbia mai taciuto in situazioni in cui le differenze e le violenze di genere si sono palesate.
Il vostro è un soggettivismo estremo e preoccupante: deresponsabilizzarvi in questo modo, dall’alto del vostro privilegio, vi rende disinteressati e complici di tali eventi.
Invece di mascherarvi da vittime – quando le vittime sono le donne, morte o vive – ripetendovi fieri questo banale e ridicolo mantra, avete tante possibili alternative. Ascoltateci, prima di tutto. Apritevi al dialogo. Comprendete il nostro punto di vista. Comprendete le nostre paure e perché sono indissolubilmente legate a voi. Aiutateci parlando a vostra volta di queste problematiche e non restando in silenzio quando vedete delle ingiustizie nei nostri confronti. Ascoltate e parlate – nel modo giusto. Vi chiediamo solo questo.
Non tutti gli uomini sono cattivi, ma noi donne, per la società in cui viviamo, siamo costrette a temervi tutti. Ed è anche colpa vostra.
Giulia Gennarelli
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Illustrazione di Enza Galiano