Martina Marras, Distopia femminista: analisi di un genere
Il saggio Distopia femminista di Martina Marras pubblicato da Meltemi è particolare e molto attuale. Distopia femminista e non Utopia femminista, perché?
“Le donne, dunque, non sono totalmente assenti dalla narrativa distopica non specificamente di genere, ma la loro presenza all’interno della storia sembra assolvere una funzione diversa da quella che si rileva nella letteratura femminista” (p. 40).
Martina Marras con questo saggio analizza romanzi scritti da donne, mettendo in rilievo la funzione femminile all’interno di questi scritti.
Fa un lavoro di un’analisi di genere, partendo dal celebre romanzo della Atwood, Il racconto dell’ancella; Solo per sempre tua di Louise O’Neill a quello di Leslie Hartley Giustizia facciale e Vox di Christina Dalcher.
Analizza due aspetti che permettono alle donne di giacere in una situazione subalterna, sono aspetti che sono sempre stati indagati nella letteratura femminista. Questi sono: il corpo e la voce.
È nel racconto dell’ancella che la Marras fa notare il primo aspetto, quello del corpo. Il corpo è sempre stato sotto il controllo non solo dello stato ma anche dell’uomo. Chi ha letto il celebre romanzo di Tamara Tenebaum La fine dell’amore e ha visto la serie su “Amazon Prime” sa che la filosofa argentina ha parlato delle donne in ottica femminista citando saggi su saggi, mettendo però anche la sua visione personale in quanto “ebrea” (anche se poi se n’è distaccata da quel mondo, più o meno).
La Marras inserisce in questo saggio il controllo sul corpo femminile, partendo da un bagno rituale parte della religione ebraica ortodossa, vale a dire il mikvah. Siamo a conoscenza del fatto che l’uomo non ama stare a contatto con il sangue mestruale, in alcune religioni si effettua il mikvah.
“Per ragioni morali, le donne sono invitate a coprire quanto più possibile il proprio corpo, nonché a purificarlo, come avviene nel caso del bagno rituale in uso nella religione ebraica ortodossa, il mikvah, da eseguirsi a seguito del ciclo mestruale e dopo il parto, prima di riprendere le relazioni coniugali” (p. 84)
Per rinforzare la tesi del corpo soggetto al “dominio maschile” basta pensare al romanzo della Atwood, Il racconto dell’ancella, dove queste ancelle sono sotto il controllo del dominio maschile per permetterle di riprodursi, o meglio di usare il corpo di queste per generare figli.
Vengono non solo spersonalizzate e oggettificate, ma anche gettate vie se non hanno i parametri per generare la prole, e queste sono le “Non donne”.
“Le ‘Non donne’ vestite di grigio, al fine di evidenziare la totale assenza di importanza a loro ascritta. Si tratta di criminali escluse dalla società o di donne incapaci di generare, considerate per questo in un certo senso ‘colpevoli’” (p. 64)
Si noti come il corpo femminile non è mai esente dalle scelte maschili, non solo si è sempre collocato in un’atmosfera domestica ma si attua su di loro anche i sensi di colpa, solo perché non capaci di generare.
“I corpi femminili non sono totalmente liberi da forme di controllo più o meno radicali, e che i diritti sessuali e riproduttivi delle donne sono pesati dalla bilancia sociale con una misura diversa rispetto a quella usata per i diritti maschili, e ciò fa costantemente riaffiorare le radici patriarcali delle società occidentali” (p. 99)
L’altro aspetto che la Marras mette in rilievo è quello della voce e del linguaggio, perché è noto la questione delle donne che devono “pensare prima di parlare” e soprattutto mostrarsi con il” sorriso”.
In alcune culture addirittura la donna doveva camminare piano per non far sentire il “rumore” delle sue scarpe.
Con il linguaggio si verifica la spersonalizzazione, è noto che una volta sposate le donne perdono il proprio cognome (di questo ne parla Elena Ferrante nell’ “Amore molesto”) ma in questo caso della Atwood, vediamo come il soggetto femminile diventa “oggetto” attraverso la preposizione “Di”.
“Una volta destinate alla famiglia che le accoglie, perdono il proprio nome, sostituito da una sorta di patronimico teso a esprimere la relazione di proprietà tra Comandante e Ancella. Il nuovo nome delle Ancelle viene ricavato direttamente da quello del Comandante, al quale si premette la preposizione “di”: la protagonista e voce narrante della storia è Offred in italiano Difred, l’Ancella del Comandante Fred” (p. 63)
Distopia femminista di Martina Marras è un’analisi lucida e chiara sui romanzi scritti dalle donne, non sono utopici questi scritti, poiché tutto ciò che è stato narrato, accadono ancora oggi.
Emilia Pietropaolo
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