Meša Selimović: Nebbia e Chiaro di Luna
“Le persone scappavano di fronte al fragore, erano rimasti soltanto quelli che avevano vissuto la loro vita o che credevano nel destino.”
La casa editrice Bottega Errante Edizioni con la traduzione dal serbo-croato di Dino Huseljić, porta in Italia il romanzo di Meša Selimović Nebbia e Chiaro di Luna.
C’è la guerra, ci sono i partigiani che combattono per liberare la Jugoslavia dalle truppe naziste. È riduttivo circoscrivere il romanzo di Selimović, in questa misura.
Nebbia e Chiaro di Luna è un romanzo dalla narrazione lenta e poetica.
La storia in quest’opera la fanno i protagonisti, Ljuba e Jovan assieme al giovane partigiano e al Comandante.
Selimović parla della guerra, ma soprattutto dei protagonisti, dei contadini che la osservano da vicino e da lontano, che percepiscono i rumori dei proiettili e le case incendiate. Ambienta la storia in uno spazio privato e aperto sotto al cielo del Chiaro di Luna, offre al lettore tramite le sue descrizioni, la possibilità di assistere alla guerra, all’incontro tra Ljuba e il giovane partigiano ferito. Un giovane partigiano dal ‹‹volto fanciullesco›› e dalle ‹‹labbra di latte››.
Osserviamo Ljuba attraverso lo sguardo del marito Jovan, ‹‹basso e smunto››, un uomo debole e silenzioso, che cercava di comprendere i pensieri della moglie.
“Chi può sapere cosa c’è nei pensieri di una creatura femminile, è una grotta chiusa e inaccessibile, per anni condividi con lei il pane e le lenzuola, eppure non sai chi sia, giri intorno al suo corpo lo tieni nelle mani, e non sai cosa ci sia dentro, non vedi quello che pensa.”
Ljuba vive il presente con angoscia e con il pensiero costante di fuggire, prigioniera della guerra, è il personaggio più complesso.
“Lei odiava quel suo isolamento e quel suo silenzio chiuso che lo separavano dal resto del mondo, quella sera odiava particolarmente quella sua sorda indifferenza, quel rifiuto di vedere e sentire qualsiasi cosa. Non che ci tenesse alla sua parola, ma era pesante.”
Si ritrova prigioniera in un matrimonio con un uomo che non amava, l’arrivo del giovane partigiano, cambia il vento della sua esistenza non in meglio e neanche in peggio.
Tutti la desideravano, i contadini e il partigiano stesso, ‹‹inesperto›› che si innamora di lei sotto il chiaro di luna.
È coraggiosa, Ljuba, indipendente, che non amava ‹‹servire nessuno›› che non si definiva una casalinga, e fortunata rispetto alle altre donne del villaggio, poteva pensare a se stessa e non andare a lavorare come le altre donne nei campi.
Ljuba attenua la ferita sulla gamba del giovane partigiano mentre il marito Jovan va ai campi, la guerra arriva: si vede il fuoco sulle case.
La guerra brutale e sorda, indifferente alle sofferenze degli uomini, donne e bambini, inonda e acuisce la sofferenza sul Comandante, fratello di Jovan e cognato di Ljuba. La guerra ha sterminato la famiglia del Comandante, medita vendetta provando a cercare gli assassini.
La sua storia pesa sul cuore del lettore perché è una sofferenza che persiste
ancora oggi, con queste guerre infinite.
Selimović conosceva la guerra, aveva partecipato come partigiano nella resistenza jugoslava, quello che lui narra in questo romanzo di un certo spessore, è realistico.
“I giovani vanno in guerra, nessuno li può fermare, anche se bisognerebbe mandarci i vecchi, sarebbero meno avventati e meno crudeli, tornerebbero sani e salvi, e anche quando non fosse, la tristezza non sarebbe così grande, mentre questi immaturi non hanno pietà né di se stessi e né di noi che li piangiamo, perché nella vita tutto ciò che conta sono loro, non pensano né a se stessi noi e per questo li amiamo e li rimproveriamo, li amiamo perché sono imprendibili, anche se noi vorremmo trattenerli, invano, e non sappiamo dove sia l’inizio e dove la fine in questo gioco fatto di desiderio. E se non è desiderio, allora è sofferenza.”
L’epilogo è desolante. Meša Selimović, oltre a parlare della guerra che condanna, parla del destino, un tema a lui caro, per tutto il romanzo c’è quest’ombra del destino che pesa sui personaggi.
Emilia Pietropaolo
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