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MuPa la mostra “Radici”: attraverso l’obiettivo fotografico di Carmela e la mano pittoresca di Giorgio

La mostra “Radici” ospitata dal MuPa, palazzo multimediale di Ginosa, è ancora aperta al pubblico fino al 7 Gennaio 2024, con un primo esordio il 9 Dicembre 2023.

“Radici” è la celebrazione della profondità e della diversità delle radici che intrecciano il tessuto della nostra storia, mettendo in risalto la bellezza intrinseca dei punti cardine culturali. 

Angelica Cazzetta, Claudia Ranaldo, Carmela Mongelli e Giorgio Morea, hanno reso possibile questa mostra con le loro arti di scultura,pittura e fotografia.

Nell’intervista precedente MuPa mostra “Radici”: valorizzando la bellezza dei nostri punti cardine attraverso l’arte abbiamo esplorato le sale di scultura di Angelica e di pittura di Claudia. 

Carmela e Giorgio invece ci invitano a riconnetterci con le nostre e le loro Radici, l’una attraverso il suo occhio attento e sensibile che cattura momenti straordinari attraverso il suo obiettivo,l’altro attraverso la sua maestria pittoresca.

Perché Radici?

«E’ capitato tutto per caso, partendo dal mio progetto fatto a Settembre Attraverso i miei occhi che mi consigliarono di presentarlo al MuPa. Alla prima mostra del MuPa conobbi Piero Giannuzzi (fondatore del MuPa), colsi l’occasione gli parlai del mio progetto e lui mi invitò ad inviargli il progetto via mail. Ed eravamo a Giugno 2023. Nessuna risposta (ride).

Fino a che, poco tempo fa mi chiama una mia amica, Claudia, che lavora con Piero, dicendomi che volevano vedermi per parlare di un nuovo progetto in costruzione. 

Quando mi presento nel suo studio e mostro il mio progetto Piero ne rimane colpito dal mio occhio, come vedo le persone e come poi le mostro e mi propone di essere colei che rappresenterà la sala fotografia della mostra “Radici”. Alchè vado in panico ma dico subito si!»

Quando l’hai ideata “Radici”, e quando poi l’hai realizzata è stata così come la volevi?

«Molto spesso escono esattamente come le ho pensate, però ad esempio il ritratto di Noemi intitolato Speranza, io l’avviso solo un’ora prima dello scatto, e questo ha un po’ variato l’idea iniziale.»

Anche la luce è fondamentale nel risultato?

«Assolutamente. Ad esempio nell’opera Passione:inglobato nell’amore per la musica, con Gennaro, protagonista dello scatto, che mi propone un faro di luce soffusa solo su di lui. Inizialmente una cosa che non avevo considerato che però poi ha creato quello che vedi. Il riflesso solo sul disco,ad esempio. Queste scoperte creative durante il processo sono cose che comunque apprezzo.»

In tutte le opere qui presenti c’è molto blu…

«Si, la mia “Radice” è il mare, quindi forse inconsciamente l’ho messo in ogni foto del progetto.»

Domanda un po’ personale, so che tu parti dall’università di lingue quindi non è la fotografia la tua radice? 

«No, è sempre stata la fotografia. La mia prima macchina fotografica l’avrò avuta che avevo 10 anni tipo. Ho sempre avuto questa passione, dopo il liceo andai a fare un open Day a Roma in un Accademia di fotografia, ma non era possibile frequentarla.

Quindi decisi di frequentare l’Università di lingue perché comunque è qualcosa che mi piace, ma aldilà degli esami dati, almeno quelli che mi piacevano, c’era qualcosa in me che non andava. Pensa che fotografavo e facevo shooting alle mie compagne universitarie e coinquiline.»

Quindi da quel che ho capito mi stai dicendo che alcune volte non basta crederci da soli e battersi per il proprio sogno? 

«Dipende, io ad esempio ero più piccola, non ero forte come lo sono adesso, e non me la sentivo di mostrare a tutti ciò che volevo e che comunico ora attraverso i miei scatti. Aggiungici  Piero che ha creduto in me, e nei tre compagni di questo progetto.Ed ecco la mia prima mostra fotografica. 

Vedi tipo Costante: la passione supportata dall’amore di oltre sei decenni. Ho fotografato questo signore perché è il volto della costanza, fin da piccolo coltiva la sua passione per la fisarmonica e riceve allo stesso tempo il supporto e l’amore dei suoi cari che lo guardano suonare da ormai decenni.»

Tutto ciò che lega, il filo conduttore della tua sala è l’amore, la passione per le proprie radici.

«Si, che sia il legame di sangue (vedi i Gemelli) che sia un legame d’amore o di amicizia o il legame con le proprie passioni, come la musica, l’arte dei mestieri. Insomma l’amore è il collante che tiene tutto.»

Giorgio

Radici cos’è per te?

«Parto col dire che non è la mia prima mostra, ne ho fatte molte a Firenze e Roma che, sicuramente, mi hanno reso forte artisticamente e personalmente. Però ho deciso di partecipare a “Radici” in virtù di un unico pezzo le Farfalle, tela madre che mi ha permesso di fare altri dipinti con significati specifici, quindi tutto parte dalla farfalla che mi da l’idea di libertà, e ho realizzato queste opere attraverso forme che creano un’immagine emblematica e al tempo stesso gradevole. 

Radici mi ha coinvolto particolarmente, poiché sono anche in una fase artistica che definirei come “serena” ora che è certamente partita da una fase iniziale, così come il bruco che si evolve poi in farfalla.»

Una sala piena di quadri dai colori forti, chiari…

«La scelta di colori forti e chiari riflette la fase artistica di cui parlavo prima. Questi colori riescono a trasmettere intensità ed energia alle mie opere. Ed è un modo per descrivermi anche quando io non ci sono.»

Facendo un passo indietro, hai detto di aver mostrato i tuoi dipinti in grandi città come Firenze e Roma. Come influisce questo ritorno alle tue origini, mostrare le tue opere in un palazzo multimediale locale?

«Si, l’opportunità di esporre le mie opere in un palazzo locale,nel mio paese  è un’occasione emozionante per me. Non è solo una questione di comodità, ma anche di sentirsi parte di una sorta di famiglia artistica che condivide lo stesso spazio. Mostrare le opere nel contesto in cui vivo, nella mia comunità, è per me un modo di rendere tangibili le radici che ho con il luogo, la terra, la nazione e il mio modo di vivere.

È soddisfacente perché poi puoi raccontare in un luogo in cui ti senti parte. Poi anche per quello che espongo credo che sia la parte più evoluta della mia arte perché come in ogni cosa si parte in maniera acerba, e invece credo che oggi posso viverlo con relax rispetto a quanto mi sono avviato nell’arte, ero sempre un po’ in dubbio incerto ora piano piano qualcosa di compone, si crea meglio la mia morale, il mio modo di fare arte che mi rendono anche tutto più chiaro. Ecco perché questi colori chiari, mostra il mio momento di “relax”.»

Per concludere per te Radici è colore ed evoluzione?

«Radici è evoluzione, anche se abbiamo l’idea di qualcosa che è ferma e resta li, che non si muove. Invece radici non conoscono mai il loro frutto ma si sforzano per crearlo quindi diciamo che alla fine non ci interessa il risultato finale ma l’importante e che ci sia il desiderio di creare».

Arianna D’Angelo 

Foto dell’autore

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Arianna D’Angelo

Arianna, classe ‘98. Mi piacciono le arti visive e musicali. Per me scrivere è esternare il mio mondo interno raccontando ciò che mi appassiona. L’Arianna del mito greco liberò Minosse con il suo filo e io con la mia scrittura libero il mio mondo e ve lo racconto.
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