Navigare la psiche nello spaziotempo
Non chiamateli tossici: la Generazione Z incontra lo sballo
Gli psiconauti (dal greco ψυχή, psyché, anima e ναύτης, nàutes, marinaio o navigatore) sono i “navigatori dell’anima”, giovani e giovanissimi che si approcciano al mondo delle droghe sintetiche.
Le NPS (Novel Psychoactive Substances, in italiano Nuove Sostanze Psicoattive) sono in rapidissima diffusione sul mercato illecito italiano, causando una vera e propria emergenza sociale.
Sono conosciute anche come Legal Highs: proprio grazie alle novità apportate alla loro composizione chimica, queste sostanze al momento della loro immissione sul mercato non sono state considerate proibite o illegali, sfuggendo ai controlli.
Ma come?
Semplice: vengono vendute online come incensi, sali da bagno, materiale per scopo di ricerca, oggettistica da collezione, prodotti industriali, fertilizzanti o deodoranti per ambiente, e sono presentati con marchi, nomi e packaging in grado di attirare l’attenzione dei giovanissimi ragazzi che popolano la Generazione Z.
Perché non possiamo chiamare questi ragazzi tossici?
È tutta una questione di tempo – e di tempismo.
La differenza tra psiconauta e tossicodipendente non è mera e banale questione lessicale, ma è da ricercare nel rapporto con il tempo e l’essere nel mondo e nel tempo-del-mondo.
Pensiamo alle generazioni a confronto.
Il vecchio tossicodipendente è divorato dal senso di colpa e dal timore del giudizio degli altri, dalla dolorosa accettazione di uno stigma sociale che dura nel tempo.
Lo psiconauta è segnato dalla vergogna, dalla percezione di inadeguatezza sociale causata dalla distanza tra chi è e chi vorrebbe essere, un’insufficienza esistenziale che viene gestita tra rave, musica techno e sostanze per plasmare una nuova identità e scappare dal senso di vuoto. Abbracciano la psicosi sintetica, le droghe e le sostanze, come se vivessero una sorta di “Sindrome da Alice nel Paese delle Meraviglie”.
I vecchi tossicodipendenti vivono nel passato, nel rimpianto di ciò che è stato e non può più essere, mentre i nuovi tossicodipendenti vivono nel futuro, in una sorta di continua e costante anticipazione di quello che sarà.
Ed ecco come la percezione del tempo sta alla base della costruzione dell’identità individuale, della coscienza, della realtà e della dipendenza stessa.
Le nuove sostanze psicoattive creano un vuoto temporale, una sorta di Trainspotting 2.0 dalla trama ancora incerta: sono sostanze di cui conosciamo pochissimo, sia dal punto di vista chimico sia per i loro effetti. Sono sostanze senza storia, senza passato, ma che forse saranno parte del futuro di un’intera generazione.
Mi pongo delle domande, ingenuamente, senza risposta.
La nascita e diffusione di queste sostanze è il fallimento dello strumento penale per bloccare l’offerta di stupefacenti?
Le strategie di educazione e prevenzione scolastica non sono servite (e non servono) a niente?
Siamo di fronte a una nuova epidemia sociale?
Elisabetta Carbone
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