Cos’è Semia, il primo fondo femminista italiano
Nasce il primo fondo femminista italiano per dare supporto economico e strutturale alle realtà che si occupano di diritti delle donne e di genere.
Unire, rafforzare e connettere queste organizzazioni è fondamentale: Miriam Mastria, direttrice del progetto, ci spiega perché nell’intervista.
Come nasce l’idea di Semia?
«Tutto nasce dalla mia esperienza in Messico, dove prima ho lavorato in associazioni che si occupano dei diritti delle donne e poi nel fondo femminista messicano. Lavorando lì ho constatato che il femminismo italiano era poco presente nel contesto internazionale.
Così con altre compagne e professioniste del terzo settore ho iniziato a riflettere sulla necessità di supportare il panorama italiano femminista.»
Nasce così l’idea di un fondo femminista, una struttura che fa da tramite tra i finanziatori e le realtà femministe:
«Possiede le informazioni e i contatti adatti per poter fare raccolta fondi per poi canalizzarli alle associazioni.»
In Italia nulla di tutto ciò era ancora presente, come afferma Miriam infatti: «il movimento femminista italiano c’è ma non ha la forza e il supporto necessario per influenzare il cambiamento all’interno della società».
Miriam ed altre attiviste hanno dunque iniziato ad indagare le necessità del movimento femminista del nostro paese, contattando le realtà del territorio e creandone una mappatura (al momento non online ma che verrà presto caricata). Sono state mappate associazioni, reti, gruppi informali (collettivi, movimenti e gruppi di persone) che si occupino di attivismo femminista o di diritti delle donne (ma non dichiaratamente femministi) o di tematiche di giustizia sociale con una prospettiva di genere.
Quali sono le fonti di finanziamento?
«Vi sono diversi programmi di fund-raising: uno dedicato alle fondazioni principalmente internazionali interessate alla parità di genere e ai diritti (come Prospera e la Fondazione Kering); uno relativo a bandi pubblici internazionali o europei ed un programma di filantropia individuale per donne interessate a contribuire alla causa che permette di essere sempre al corrente del lavoro della fondazione (senza però avere potere decisionale su di essa)».
Perché un fondo femminista è necessario sul territorio e in che modo contribuisce?
«Molte piccole organizzazioni non hanno la capacità di fare una raccolta fondi importante e dall’altra parte le fondazioni internazionali non conoscono il territorio italiano. In questo senso Semia funziona da ponte tra il movimento femminista e le risorse di cui ha bisogno.
Il fondo si occupa anche di capacity-building, ossia un rafforzamento delle capacità interne delle organizzazioni: parliamo di strategia di comunicazione (social media, siti internet…), valorizzazione del proprio lavoro, burocrazia e amministrazione specifiche del settore, cui spesso le attiviste non sono preparate»
Sono stati quindi creati dei moduli rivolti alla formazione diretta o indiretta delle realtà per donare capacità tecniche fondamentali.
«Questo ci permette rendere più solida l’associazione femminista e garantire stabilità e affidabilità ai finanziatori.»
La necessità di un fondo che metta in relazione le realtà femministe emerge dalla difficoltà riscontrata nella mappatura delle stesse, spesso esistenti ma nascoste e quindi più deboli (difficoltà che emerge anche dalla durata del tempo di ricerca ovvero un anno e mezzo circa).
Sono state mappate 1047 associazioni, di cui 200 si sono rese disponibili a rispondere a un questionario scritto.
«Molti fondi esistenti in Italia sono solamente concentrati sul tema violenza, non prendendo in considerazione altre tematiche fondamentali che poi sono le cause all’origine della violenza stessa e pochi fondi sono destinati alla formazione, la sensibilizzazione e l’advocacy. Ovviamente l’assistenza verso le donne vittime di violenza è fondamentale, tuttavia non possiamo dimenticare altri fronti. Siamo gli ultimi in Europa per occupazione e precarietà del lavoro femminile eppure non è un tema trattato da tante associazioni al momento. Semia mira anche a lavorare su questo.»
Un ulteriore problema sollevato è quello del pregiudizio che ancora aleggia sulla parola femminista, il che disincentiva molte associazioni a definirsi tali e la politica a proporre o finanziare iniziative che riguardino i temi sociali cari al movimento.
«Molte associazioni fanno un lavoro che potrebbe definirsi femminista ma hanno paura del giudizio esterno che il termine porta con sé. Tuttavia un movimento femminista forte e compatto è necessario, per questo abbiamo mappato anche queste realtà».
Come Miriam Mastria sottolinea è importante riabilitare il termine femminista, con cui si vuole semplicemente indicare la volontà di garantire alle donne le stesse possibilità di ogni altra categoria in ogni ambito della vita.
Il progetto dunque c’è ed è pronto a partire. A quando il lancio e come si muoverà?
«Il bando verrà aperto probabilmente durante l’estate o massimo in autunno. Verranno raccolte le domande delle diverse associazioni che verranno valutate sulla base di requisiti interni minimi come la prospettiva di genere, la sostenibilità, l’impatto sistemico e non l’assistenzialismo fine a se stesso. Non abbiamo però intenzione di guidare dall’alto le organizzazioni, queste devono continuare a lavorare come hanno sempre fatto.
Lavoreremo con queste realtà un anno intero per rafforzarle e al contempo ci focalizzeremo sull’incoraggiare le fondazioni italiane, ancora reticenti sul tema femminismo, a donare per i diritti delle donne in toto. È importante investire anche sulle attività femministe volte a creare una società, senza discriminazione ed abuso in cui la donna possa godere di diritti ed autodeterminarsi.»
Restate quindi sintonizzati sui loro profili social perché tante cose stanno per arrivare. Infatti, questa settimana verrà lanciata una campagna di Brand Awareness per far conoscere al grande pubblico le finalità, le modalità di lavoro e la missione di Semia.
Questo progetto è fondamentale per fare si che i gruppi femministi e per i diritti delle donne possano davvero avere influenza sulle decisioni di questo paese per permettere alle donne di autodeterminarsi in tutti i campi, non solo non subendo violenze ma anche, ad esempio, godendo di condizioni di lavoro e di salute uguali a tutti gli altri.
Invito ad approfondire questa iniziativa leggendo il report che è stato realizzato dall’associazione, in cui troverete un’analisi demografica del movimento femminista e tutti i risultati del sondaggio svolto.
Sofia Seghesio
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Photo credits: Semia