Fenomeno Oppenheimer: da Barbenheimer agli Oscar
Chi non è andato a vederlo al cinema, ne ha sentito almeno parlare. È il film Oppenheimer, uscito nelle sale italiane il 23 agosto 2023, prodotto e diretto dal regista britannico Christopher Nolan sulla storia del fisico statunitense, di origini ebraiche, Robert Oppenheimer, il “padre della bomba atomica”.
Prodotto dalla Universal Pictures, il film è stato girato con cineprese da 65 millimetri, per una proiezione in 70 millimetri, affinché la qualità delle immagini e dell’audio fosse la migliore raggiungibile.
Da agosto a oggi, non si è smesso di parlarne, prima per il conflitto Barbie-Oppenheimer per quale tra i due sarebbe stato il film campione di incassi del 2023, poi per le nomination ai Golden Globes e agli Oscar.
Facciamo un breve riassunto: il film ha ottenuto 12 candidature a Premi Oscar, 8 candidature e 5 Golden Globes. In più, si contano 13 candidature a BAFTA, 1 candidatura a Cesar, 5 candidature a People’s Choice Awar, 13 candidature e 8 vittorie ai Critics Choice Award, 4 candidature a SAG Awards, 1 candidatura a CDG Awards, con un Box Office in Italia di 27,1 milioni di euro.
Il film, per raccontare la vita, e l’annesso dramma, dell’uomo che inventò la bomba atomica, parte dal libro vincitore del Premio Pulitzer nel 2005: Oppenheimer. Trionfo e caduta dell’inventore della bomba atomica, di Karl Bird e Martin J. Sherwin.
Il protagonista è l’attore irlandese Cillian Murphy, noto al grande pubblico per il suo ruolo in Peaky Blinders, ma nel cast ci sono altri nomi conosciuti: la moglie Kitty viene interpretata dall’attrice britannica Emily Blunt; Jean Tatlock, psichiatra che per un tempo ebbe una relazione con Oppenheimer, da Florence Pugh; il generale Leslie Groves, responsabile militare del Progetto Manhattan, da Matt Damon; Lewis Strauss, membro della Commissione per l’energia atomica degli Stati Uniti, antagonista machiavellico e vendicativo del fisico, da Robert Downey Jr.
Nonostante nel film le due figure femminili precedentemente citate appaiano in più di qualche scena, i loro ruoli sembrano essere marginali, quasi estranee ai tormenti di Oppenheimer, relegate unicamente alla sfera sentimentale (soprattutto nel caso di Jean Tatlock) e familiare del protagonista, senza approfondimenti. Solo nella parte finale, la moglie Kitty avrà il modo di riscattarsi.
È Oppenheimer il nucleo di ogni narrazione, ciò che fa e ancor di più ciò che trattiene, non confessa neppure a sé stesso e riesce a dire solo in piccola parte.
Spesso tormentato da dubbi, Oppenheimer, personaggio ambiguo e complesso, dallo sguardo algido e spesso perso, in una scena del film, si trova a confrontarsi con Albert Einstein, che gli dirà: “In teoria fra la teoria e la pratica non c’è differenza, in pratica sì”.
È proprio su questo contrasto che si concentrano i tormenti dell’inventore, spinto, da una parte, da un desiderio ardente di raggiungere, con il progetto Manhattan, un punto estremo verso cui nessuno prima di lui è riuscito a tendere, e, dall’altra, paralizzato dal terrore che il raggiungimento di questo punto possa portare a conseguenze disastrose per l’intera umanità.
A differenza del libro, scritto da Bird e Sherwin, che ripercorre le vicende dell’uomo in ordine cronologico, il film sembra articolarsi in due filoni principali, a cui si sovrappongo piani temporali differenti e flashback, di cui non sempre risulta facile tenere il filo.
La prima parte si concentra sullo sviluppo della bomba atomica, grazie alla collaborazione con altri fisici e professionisti selezionati da Robert Oppenheimer stesso per raggiungerlo nella sua sede di sperimentazione, a Los Alamos, in New Mexico. Si pone il problema del rapporto tra la necessità della ricerca scientifica e le sue conseguenze, anche drammatiche, sulla vita delle persone, che si vedranno a seguito dei bombardamenti delle città giapponesi di Hiroshima e Nagasaki.
La seconda parte riguarda ciò che accade dopo la fine della Seconda Guerra Mondiale, quando Oppenheimer, divenuto un’autorità nel campo delle politiche nucleari globali, fu emarginato dalla classe dirigente statunitense e processato con l’accusa di non essere stato sempre fedele agli Stati Uniti d’America.
A separare le due parti c’è il motivo per cui vale la pena vedere questo film: la detonazione della bomba atomica. Un silenzio assordante, un fischio acuto, una luce intensa che l’occhio non riesce a sopportare, fuoco e fumo. È il punto in cui il raggiungimento dell’obiettivo agognato coincide con la consapevolezza di aver dato vita a un meccanismo di distruzione, cenere e morte.
Stefania Malerba
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