I dolori dell’anima
Esistono dei dolori esistenziali che nessuno ci spiega, esistono dei dolori perfetti, ma purtroppo non esiste l’apprendistato al dolore. Ogni volta che ne arriva uno abbiamo tutto ancora da imparare.
La popolazione mondiale e più di 7 miliardi di persone: esistono più di 7 miliardi di dolori unici.
Dobbiamo imparare a fare i conti con la nostra personalissima palude di sofferenza, tenendone conto quotidianamente.
Dobbiamo imparare a fermarci, perché lo scorrimento del traffico emotivo è troppo veloce, il dolore troppo fluido scappa via e non abbiamo il tempo per farne una narrazione.
I dolori esistenziali sono fattori umani, molto umani, senza spiegazione, non se ne fa parola, sono scontati, ovvi, parte del nostro ciclo vitale. Ci dimentichiamo di dar loro il giusto spazio, il giusto tempo per guarire.
Il primo trauma esistenziale della vita è nascere: nessuno lo chiede e veniamo espulsi con violenza e forza nel mondo, in una famiglia che esiste già, che forse ci ha voluto o forse no, con addosso tutte le proiezioni genitoriali; il nostro sesso viene determinato da un dottore senza considerare l’identità di genere. È possibile nascere malati, non cercati, non desiderati, essere ceduti, abbandonati, adottati.
Ereditiamo un corredo genetico e tanto altro, ma poi sta tutto nelle nostre forze: crescere, scoprirsi, autodeterminarsi tramite le istituzioni, la scuola, la religione, le frustrazioni, le performance più o meno scadenti, le critiche. Ci rapportiamo a un fisico che cambia, l’orientamento sessuale, la classe sociale, le scelte etiche, alimentari, l’orientamento politico, le passioni, l’ambiente, la casa, il cuore.
Arriva il punto in cui scegliamo, cresciamo, nonostante il dolore, il giudizio, la paura di essere adulti-bambini, fragili, di perdere i legami, la sensazione di non meritare l’affetto, di non essere mai abbastanza.
Iniziamo a perdonarci, esplorando il mondo, legittimiamo anche la nostra rabbia e la paura, impariamo a chiedere aiuto, ad appoggiarci agli altri. Impariamo che la gratitudine, un semplice “grazie” è parola rara, spesso non ricambiata, svalutata, denigrata.
Piangiamo, tanto, questa è colpa della responsabilità di esistere, confrontandoci, negoziando i nostri limiti con gli altri, la nostra forza con noi stessi, le nostre caratteristiche con la società. Ci adattiamo.
Il cambiamento climatico, la crisi economica, il lavoro non retribuito, la gavetta, la politica, l’espatrio, il lutto, le malattie, la guerra, le carestie e le pandemie, il licenziamento, la prima rottura, il divorzio di mamma e papà, il primo pianto non consolato, quei chili di troppo che non se ne vanno, il criceto morto la mattina di Natale, la partita di pallavolo persa, il bullismo, i pasti solitari, i punti neri, la birra di troppo e quel bacio mai dato.
Sono dolori esistenziali. E ne parliamo troppo poco.
Elisabetta Carbone
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