Il grande flop del liceo del «Made in Italy»: bocciato
Zero spaccato. A pochi giorni dalla scadenza del 15 gennaio, zero sezioni, zero organico, zero indicazioni nazionali e zero libri di testo. Nonché zero sbocchi lavorativi dichiarati.
Approvato dal Parlamento lo scorso 20 dicembre, con conseguente nota ministeriale per aggiungere il nuovo indirizzo come «parte qualificante del percorso di valorizzazione, promozione e tutela delle eccellenze italiane», il liceo del Made in Italy si è rivelato un grande fiasco.
La scuola e l’istruzione sono da sempre la Cenerentola d’Italia. Il vecchio e caro liceo delle Scienze Umane (ex Istituto Magistrale) si è trasformato nel nuovo liceo del Made in Italy, attingendo qua e là dal programma del liceo economico-sociale (LES).
Alle scuole sono state proposte tre possibilità: sostituire il “vecchio” liceo con l’indirizzo del Made in Italy, mantenere entrambi i percorsi oppure non chiedere l’attivazione del nuovo indirizzo. E, in effetti, programma alla mano, il “nuovo” liceo è esattamente la fotocopia del liceo economico-sociale. Specchietto per le allodole da campagna politica che, questa volta, non ha catturato nessuna preda. Tanto rumore per nulla.
La nuova formula scolastica non convince: il percorso populista voluto da Valditara non trova terreno nelle scuole, che bocciano l’attivazione del liceo che avrebbe dovuto puntare sulla valorizzazione delle eccellenze italiane. L’obiettivo era di approfondire lo scenario storico, culturale e professionale delle maestrie italiane e del tessuto produttivo del Belpaese, con una formazione economica, giuridica e tecnologica, avvicinando i giovani al mondo del lavoro.
Anche il Ministro delle Imprese e del Made in Italy, Adolfo Urso, era entusiasta del nuovo liceo, tanto da considerarlo rivoluzionario, unendo innovazione e tradizione, imprenditoria, banchi di scuola, materie umanistiche e STEM.
Nella realtà dei fatti, le materie però sono le solite: italiano, storia e geografia nell’oscena formula “geostoria”, diritto, economia politica, lingua e cultura straniera, matematica, scienze naturali, scienze motorie, storia dell’arte e religione/attività alternativa.
Un Made in Italy di nome ma non nel programma, un copia e incolla nel tentativo ammirevole di ottenere popolarità con poco sforzo, ingenerando un bluff enorme nel risultato.
Altra nota dolente, come sottolineato anche da Gambero Rosso, è la grande assente nel quadro didattico: l’enogastronomia. Folle, se pensiamo al Made in Italy. Agroalimentare comparto che non risponde all’appello, niente storia della cucina, enologia, corsi da sommelier o sul turismo enogastronomico. Niente che riguardi il comparto food & beverage.
Le perplessità che non hanno fatto attivare le scuole sono tante: sicuramente l’assenza di chiarezza, di organico, di orari, di indicazioni nazionali, di libri di testo e di sbocchi lavorativi.
Si troverà una scuola che a settembre 2024 darà il benvenuto ai primini del neonato liceo?
Elisabetta Carbone
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