Cinema e sensibilizzazione: “Non toccarmi”, il cortometraggio campano contro la violenza di genere
Trattare una tematica così delicata come la violenza di genere non è mai un’impresa semplice. Il cortometraggio “Non toccarmi” affronta questo tema in modo significativo.
Il cinema è uno dei mezzi più significativi attraverso il quale possiamo sensibilizzare il pubblico su tematiche importanti come quella della violenza di genere.
“Non toccarmi” è un cortometraggio realizzato da una troupe del territorio campano, guidata dal regista e compositore Riccardo Crisci, che abbiamo avuto il piacere di intervistare insieme ai protagonisti Giovanna Alaia (Alessia) e Domenico Savio Ardizio (Marco).
Com’è nato “Non toccarmi”? Cosa ti ha spinto a parlare di un tema così delicato come la violenza di genere?
Riccardo: «La genesi del cortometraggio è partita da un incontro casuale tra Gianpasquale Vigliotti, uno degli sceneggiatori, ed un’amica di amici in comune, il cui occhio nero raccontava ancora meglio di lei la sua quotidianità accanto ad un uomo che diceva di amarla. È da troppo tempo che la cronaca ripete, con cadenza giornaliera, la stessa parola: femminicidio.
In quanto persone legate all’arte, in particolare al cinema e alla musica, abbiamo avvertito la responsabilità di agire, di offrire un contributo, anche minimo, che potesse sensibilizzare chiunque ci avesse prestato ascolto. Così, con la collaborazione di Gianpasquale, nasce la sceneggiatura di “Non toccarmi”, scritta in quattro mesi.
La cosa peggiore è che ogni giorno di stesura veniva scandito da una nuova vittima di violenza, cosa che ci convinceva ulteriormente della necessità di doverne parlare.»
Interpretare i ruoli di Alessia e Marco non dev’essere stato facile. Cosa vi ha lasciato quest’esperienza?
Giovanna: «Interpretare Alessia ha rappresentato, prima di ogni altra cosa, una responsabilità. Temevo di banalizzare, se non addirittura di ridicolizzare, un ruolo che necessitava una delicatezza ed un’attenzione chirurgiche. Sapevo di star rappresentando la voce inespressa di tutte coloro che, ogni giorno, vivono silenziosamente questo calvario.
Ho cercato di immaginare cosa avrei provato io nel vedere la persona più vicina a me diventare progressivamente ed inesorabilmente la versione peggiore di sé stessa, vederla assumere le sembianze dei mostri che vediamo nei film, nelle storie e nelle case degli altri, e che mai immaginiamo possa risiedere in coloro che amiamo.
Quando Domenico, che è anche il mio compagno nella vita di tutti i giorni, si avvicinava fisicamente a me in determinate scene, ho compreso ancor di più quanto straziante possa essere non sapere cosa aspettarsi dall’altra parte, quanto spaventosa possa essere l’imprevedibilità di una persona che credevi di conoscere meglio di te stesso.
A volte, purtroppo, è la stessa vittima a non voler ammettere di avere davanti una persona diversa da quella che immaginato accanto a sé: di riflesso non comunica, non cerca aiuto, perché convinta di non necessitarne.
L’averla interpretata, l’aver respirato la sua quotidianità, mi ha fatto vivere in prima persona il terrore, l’agonia, la crudeltà che oggi, al mondo, vivono più individui di quanto vorremmo ammettere. E, più di prima, provo un profondo rispetto, ma anche una grande, dilaniante sensazione di impotenza, perché è un tema ancora tanto delicato quanto incompreso.
Se qualcuno, tra i nostri spettatori, sarà in grado di riconoscersi in Alessia – o anche nello stesso Marco -, non avremo lavorato invano.
E se qualcuno dovesse riconoscere tra le proprie conoscenze un’Alessia, spero che questi non si giri dall’altra parte, che possa alzare la voce, che possa parlare anche per chi non può più.»
Domenico: «Vestire i panni di Marco mi ha fatto comprendere ancor di più quanto labile e fragile sia l’essere umano, ma anche che, per quanto forte un dolore possa essere, siamo noi a scegliere come reagire ad esso. Marco, dalla sua non è stato capace di decidere: ha lasciato che gli eventi spiacevoli della sua vita lo investissero e lo definissero.
Rappresentare il male mi ha convinto ancor di più di cosa non voglio essere; il dolore non deve mai diventare il movente o la giustificazione di un atto spregevole come la violenza. E ancora, ho compreso che non è forte chi crede di saper gestire da solo, ma chi è capace di chiedere aiuto. È su questo che abbiamo voluto porre l’accento: comunicare.»
Diffondere consapevolezza: secondo te quanto è importante il ruolo dell’arte?
Riccardo: «Lucrezio, nel suo De rerum natura, utilizzava la metafora della coppa di assenzio dal bordo cosparso di miele, per indicare la poesia come unico filtro capace di addolcire l’amarezza della dottrina picurea. La mia visione dell’arte impiegata come mezzo attraverso il quale rappresentare la realtà, si può riassumere così.»
A chi parla “Non toccarmi”?
Riccardo: «Il nostro scopo non è quello di raccontare della violenza perpetrata ai danni delle sole donne, ma di narrare di tutte le forme di oppressione, sopruso e crudeltà. Il seme del male è insito in ognuno, ma sono le scelte che facciamo e le strade che percorriamo che ci definiscono come esseri umani.
La nostra voce si rivolge all’individuo, e non all’uomo in quanto tale, perché tutte le vittime di qualsiasi forma di violenza si sentano rappresentate. Facendo eco alla sceneggiatura, speriamo di arrivare dove la ragione smette di esistere.»
“Non toccarmi” è attualmente in fase di montaggio e sarà disponibile per la visione il 16 maggio di quest’anno. Potete visualizzare il teaser del cortometraggio a questo link.
Ilaria Perris
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Copertina realizzata da Giovanna Alaia