L’amore tra Pigmalione e Galatea
L’amore è comprensione. L’amore è altruismo. L’amore è pazienza. L’amore è ”piccole cose”. L’amore è accondiscendenza. L’amore è (ri)trovarsi negli occhi dell’altro. L’amore è dar vita a una 3a entità: non un io, non un tu, ma un, anzi IL noi.
Ma l’amore, e i casi di cronaca portano noi testimonianza, non sempre è ciò che leggiamo e sogniamo, l’amore a volte tarpa le ali, se non addirittura la vita. L’uomo, il genere umano è capriccioso, ossessivo, animoso.
Non si sa bene il perché, se spinto dalla propria indole o se succube di un destino già scritto da secoli da un dio superiore o da molti dei, anch’egli/anch’essi tutt’altro che assennati.
La letteratura, soprattutto quella greca e latina, ci descrivono gli dei come esseri in balia delle proprie emozioni, rabbiosi, invidiosi, egoisti, spesso manipolatori. E abbiamo, altresì, testimonianza dei loro capricci in tutte le narrazioni che vedono loro come protagonisti e antagoniste di vicende al limite della comprensione.
Amori incestuosi, figli trucidati, impiccagioni, bugie, sotterfugi… Ma anche sogni, bagni tra le carni, sincerità, purezza.
Uno dei miti che più materializza l’equilibrio tra fantasia e concretezza è quello dell’amore tra Pigmalione e Galatea.
Il re Pigmalione, ai tempi sovrano di Cipro, era infelice: pure regnando con saggezza, era oppresso dalla solitudine. Non riusciva ad amare e a essere amato; ogni donna che gli si palesava aveva un difetto che allontanava il suo interesse. Un giorno gli capitò un blocco d’avorio, come mai ne aveva visto prima: chiaro come la neve; ben presto cominciò a scolpirvi la donna che aveva sempre sognato – la chiamò Galatea, dal greco γάλα (gala) che significa “come il latte”: “crea ancora ombre, anfratti, discese, colline, laghi: quella donna è anche un paesaggio, è il mondo.” (da L’amore prima di noi di Paola Mastrocola)
Tale era la bellezza di questa statua che ben presto anche le occupazioni della giornata cominciarono a pesargli perché lo separavano da lei, la stendeva accanto a sé nel letto, le adagiava la testa su morbidi cuscini.
La dea Afrodite, alla quale il re Pigmalione era molto devoto, lo osservava e cominciò a nascere in lei un grosso timore per quel sovrano che sembrava non riuscire più a scindere ciò che era reale da ciò che non lo era. Proprio come lei aveva previsto il re cominciò a desiderare ardentemente che la statua diventasse di carne, e proprio questo fu il desiderio che il re espresse alla dea; quest’ultima non poté rifiutare la richiesta di un uomo amante e così rese di carne la statua di avorio. I due si amarono fino alla fine dei tempi.
Un predecessore del piccolo Pinocchio che abbiamo conosciuto grazie a Carlo Collodi. Quindi, non una mera rappresentazione di egoismo e frustrazione, ma una concretizzazione, una speranza per l’amore che può render bello anche un blocco di avorio o un pezzo di legno.
L’amore è speranza.
Un consiglio di lettura per gli appassionati della mitologia: L’amore prima di noi
Antonietta Della Femina
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Immagine di copertina creata con canva