“L’urbanistica non è donna”: le donne in strada non si sentono sicure
Che sia notte fonda o giorno, la percezione dello spazio cambia, soprattutto per le donne che hanno sempre più paura di andare in giro da sole, quando non c’è luce.
Sono tante le ragazze che ammettono di allungare la strada per farla con le amiche e ritrovarsi il meno possibile da sole, tornano prima a casa o alla fine decidono di non uscire.
La sensazione di insicurezza per strada è un fenomeno strutturale perché tale è la violenza da cui deriva. Le città non sono costruite male, il cervello di alcuni individui di sesso maschile, sì!.
Diversi studi hanno dimostrato che alcune città non siano a “misura di donna”; molti spazi sono concepiti per la collettività, ma di che genere? Nel 2024 le donne in alcune zone hanno paura di passeggiare da sole, timorose che possa loro succedere qualcosa. Ecco perché, sempre più spesso si sente parlare di “barriere di genere”, intese come impossibilità per le donne di frequentare determinati spazi, di sera.
È come se esistesse un limite invalicabile, oltre in quale non conviene andare. Proprio in seguito a tutto ciò, nella mente delle donne s’innesca un meccanismo di autodifesa al quale si affianca un forte senso di paura ed angoscia, che porta a non percorrere alcune strade, ad evitare spazi bui o con poca illuminazione, temendo che possa succedere qualcosa.
L’approccio femminista all’urbanistica rompe l’universalità del pensiero unico della “città degli uomini” e apre a nuovi modelli e proposte che cambiano anche il modo di progettare. La città femminista è pensata per preservare il bene comune, inteso come responsabilità sociale rivolta alle donne, intese come soggetti fragili.
Nella società attuale il problema di creare città o zone a “misura di donna”, non dovrebbe esistere. Lo spazio urbano dovrebbe essere di tutti, ma non è così; sono sempre più frequenti, infatti, i casi di aggressione a donne sole, mogli, figlie, ragazze, che nella maggior parte dei casi non denunciano e subiscono in silenzio.
Dunque, il buio, le poche persone in giro e, soprattutto, il fatto che se accade qualcosa di brutto è molto più difficile denunciare i responsabili, anche solo individuarli è complicato e tra l’altro bisogna ricordare che nel nostro Paese, fischi, commenti, avances non richieste non sono considerate reato, spingono le donne ad avere sempre più paura.
Come hanno già dichiarato molte donne vittime di violenza in strada, del cosiddetto “cat calling”, la donna deve essere sempre sicura e libera di camminare ovunque, cosa che non accade in Italia, nonostante qualcosa in ambito politico si stia muovendo in tal senso.
È bene sottolineare che esistono alcune soluzioni, come ad esempio i – taxi voucher – introdotti a Modena, oppure il servizio di – accompagnamento delle donne – oltre a varie applicazioni che si possono scaricare sul proprio cellulare; tutto ciò però rappresenta semplicemente un palliativo, non risolve il problema, che probabilmente è un retaggio culturale; si tratta di una convinzione fortemente radicata in quelle che possono considerarsi fenomeni di discriminazione, voglia di controllo e potere, riconducibili alla cosiddetta cultura patriarcale. Come detto precedentemente il problema è nella concezione stessa che molti uomini hanno della donna, spesso considerata inferiore. A questo aspetto si aggiungono politiche inadeguate o del tutto inutili.
Delle leggi pseudo protettive che però non rende libere le donne, che nei fatti non riducono la percezione di pericolo.
La battaglia di sopravvivenza che le donne portano avanti quotidianamente come fosse “normale” è già una forma di violenza, ecco perchè serve cambiare il concetto di urbanizzazione, adeguandolo ai bisogni e all’identità delle donne, che devono sentirsi protette ovunque si trovino.
Molto spesso gli spazi pubblici, le case e le piazze, le aree produttive e i servizi sono distribuiti secondo logiche che non corrispondono alle esigenze delle donne, che raccontano le proprie paure e i propri timori, a differenza degli uomini, che si sentono sicuri ovunque vadano.
Un problema tutto femminile, si direbbe. Ma non è assolutamente così, come scritto in apertura. Una tematica che riguarda tutti, anche chi si volta dall’altra parte e gli uomini stessi, protagonisti nella maggior parte dei casi di episodi di violenza nei confronti delle donne.
Tutti devono poter frequentare i medesimi luoghi senza paura, senza pensare ad escamotage per evitare eventuali violenze e senza doversi guardare continuamente le spalle, per paura che qualcuno possa aggredire da un momento all’altro.
Gerardina Di Massa
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