Ho le mie cose: il tabù delle mestruazioni nella lingua
Vado a cambiarmi l’assorbente e torno, Ho macchiato ma non è un problema ed altre mille frasi che restano un tabù nella società di oggi.
Il giorno dopo un impegnativo dibattito presidenziale negli Stati Uniti, l’allora candidato Donald Trump si lamentò delle domande difficili di una giornalista facendo appello al riduzionismo biologico.
Il suo riferimento apparentemente ambiguo a “you can see there is blood coming out of her eyes, coming out of her wherever” intendeva chiaramente significare “vagina”, evocando così il sangue mestruale e i suoi presunti effetti avversi.
Facendo appello al sangue mestruale come spiegazione per lo stile enfatico delle interviste di una giornalista donna, Trump ha rivelato che lui (come molti altri) vede le donne come diverse dagli uomini in due modi cruciali: governate dalla loro biologia e naturalmente miti.
Se le donne si comportano in modo assertivo – in modi ampiamente ammirati per gli uomini ma denigrati per le donne – il loro comportamento apparentemente fuori dal personaggio deve essere dettato da qualcosa che va oltre il loro controllo. Si ritiene spesso che quel “qualcosa” siano gli ormoni organizzati attorno al ciclo mestruale, che spingono le donne mestruate a esprimere emozioni fuori controllo, in particolare la rabbia.
Evocando questo tipo di stereotipo Donald Trump ha dimostrato quanto ancora diffuso e radicato il tabù sessuale delle mestruazioni nella nostra società.
Ma che cos’è un tabù?
Nel pensiero comune un tabù è una sorta di stupida credenza diffusa tra popolazioni molto lontane da noi, oppure appartenenti a periodi sperduti della storia occidentale . In verità numerosi eufemismi che le donne usano per il ciclo mestruale segnalano come sociologicamente rimanga un tabù per le donne in molti contesti discutere questa funzione biologica di base.
Per chi non lo sapesse, gli eufemismi sono tutti quei termini che sostituiscono parole “troppo forti e impattanti”, attenuando il significato. Sono eufemismi passare a miglior vita per morire, ma anche quel periodo del mese, marchese, essere indisposta, le mie cose per mestruazioni.
L’atto discorsivo di sostituire certe parole con eufemismi ci porta quindi direttamente nel territorio del tabù.
Che origine hanno i tabù mestruali?
Non è semplice definire un origine comune per via delle differenze culturali. Tuttavia
Partendo dagli esordi delle culture occidentali è probabilmente la Bibbia a introdurre l’idea di MESTRUAZIONE COME MALEDIZIONE: nella Bibbia ebraica (Antico Testamento nel cristianesimo), il primo libro, Genesi, spiega che la mitica prima donna, Eva, disobbedì al suo dio mangiando una mela proibita. Mentre la Genesi menziona il dolore del parto, e non quello delle mestruazioni, come la maledizione per la trasgressione di Eva, il terzo libro della Bibbia, Levitico, menziona il dolore delle mestruazioni ed elenca le attività richieste e proibite per le donne mestruate.
Molti interpretatori della Bibbia successivamente hanno spesso stabilito una correlazione tra il peccato originale di Eva e le mestruazioni, interpretando dunque quest’ultime come una punizione divina.
Il libro sacro dell’Islam, il Corano, conservava una versione di queste opinioni, in cui le mestruazioni erano considerate una “condizione dolorosa”. Nella maggior parte delle comunità musulmane moderne, alle donne mestruate è vietato digiunare durante il Ramadan, entrare in una moschea, pregare, fare sesso e compiere il pellegrinaggio completo alla Mecca.
Non sappiamo se il ciclo mestruale fosse già un tabù anche in altre società ma di certo la diffusione di queste tre grandi religioni in moltissime aree ha favorito l’instaurarsi del pregiudizio sul tema.
In popolazioni come i Beng della Costa D’Avorio hanno invece una visione diversa delle mestruazioni. Permangono divieti molto simili a quelli radicati nella cultura folkloristica occidentale (il divieto di entrare nella foresta, dove si trovano i loro campi e di toccare un cadavere) ma non derivano da una visione del sangue mestruale come intrinsecamente malvagio o inquinante. Piuttosto, il sangue mestruale è considerato un simbolo della fertilità umana, quindi dovrebbe essere separato sia dalla fertilità vegetale che dalla morte.
Questa visione dei tabù mestruali fa riferimento ad assiomi ontologici più ampi, piuttosto al concetto patriarcale di “donna inquinata”.
Ci sono poi culture come quella degli Asante in Ghana che all’inizio del XX secolo avevano una valutazione ambivalente del ciclo. Le donne non potevano cucinare per qualsiasi uomo adulto, giurare ed entrare in luoghi sacri. Al contempo però il sangue delle donne era visto come qualcosa di potente, tanto da venire incluso nei riti religiosi. Si temeva addirittura che la donna mestruata potesse avere poteri così forti da poter sovrastare l’uomo.
Il lessico delle mestruazioni e cosa dice sulla cultura
Sempre ricollegandoci alla cultura Asante, la visione duale del fenomeno delle mestruazioni è evidente nel linguaggio utilizzato per descriverle. Gli eufemismi per le mestruazioni nelle lingue Akan parlate dagli Asante e da altri gruppi linguisticamente imparentati includono frasi che enfatizzano “indisposizione” e “isolamento” e vedono le mestruazioni come “tossiche”, “inquinanti”, “rivoltanti”, ” e “terribili”. Tuttavia, questi termini negativi sono controbilanciati da frasi che enfatizzano la “transizione”, “le mestruazioni come visitatore protettivo” e “l’importanza (potere, purificazione e fertilità) della mestruazioni”, e che suggeriscono orgoglio per “la fertilità e il riconoscimento sociale della donna”. L’eufemismo utilizzato per indicare che una ragazza ha il primo ciclo è “è stata resa perfetta”.
Questo ci permette di capire quanto l’universo linguistico che utilizziamo nella vita di tutti i giorni sia plasmato dal modo in cui viviamo e dalla percezione che abbiamo delle cose.
Anche il nostro linguaggio non è esente da questo tipo di analisi, come dimostra l’inchiesta dell’applicazione Clue (applicazione per il tracciamento del ciclo), che ha raccolto 5000 eufemismi da 90,000 persone di 190 paesi diversi.
In Germania abbiano parole come mens che accorciano il termine mestruazioni, il che dà l’idea di termine impronunciabile. Lo stesso vale per il cinese m到 (M arriva).
Il riferimento al colore e l’associazione con pericolo e l’allarme è ritrovabile in alarmstufe rot (allarme rosso), ma anche nel francese VHS (vaginalement hors service) ovvero vagina fuori servizio e nello spagnolo semaforo rojo.
Si ritrova spesso la nozione di cose private/ cose che riguardano solamente il sesso femminile come in portoghese coisas de mulher (cose da donne), oppure business, o nel danese damege= lady days oppure il classico italiano le mie cose.
L’utilizzo ancora molto diffuso di termini del genere non fa altro che alimentare il sentimento di vergogna che ogni donna col ciclo si trova a sperimentare e conseguentemente la limita molto spesso nelle scelte e nelle azioni.
Il sangue mestruale assume significati diversi a seconda degli individui e delle comunità di appartenenza e conseguentemente anche il modo in cui si possono sfidare e reinventare questi significati assume varie forme.
Tuttavia ritengo che partire da come parliamo delle mestruazioni possa essere un buon inizio, restando sempre nell’ottica che essere donna non è una colpa e neanche una maledizione, fino a quando non la si fa diventare tale.
Sofia Seghesio
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