Il mito di Sisifo
La storia di Sisifo racconta di un personaggio condannato dagli dei ad una punizione eterna, simbolo di resistenza e perseveranza della condizione umana come prospettiva esistenziale.
Il mito
La leggenda narra che Sisifo, tra le numerose versioni del mito, solo compiendo determinate azioni, sia stato destinato a questa pena. Zeus, rapendo Egina, fu scoperto da Sisifo che rivelò il nascondiglio al padre della ragazza. Ade invia Tanato per catturarlo, ma egli lo inganna, e sarà Ares ad occuparsi di lui, portandolo nel Tartaro.
A questo punto Sisifo proibendo alla moglie di seppellirlo, Persefone gli concede tre giorni di vita nei quali svolgere i riti funebri. Hermes, anch’esso intento nella sua cattura, lo avrebbe riportato negli inferi. Sisifo infine violerà l’accordo del ritorno nell’oltretomba rimanendo nel mondo terreno, dove però gli verrà assegnata una pena peggiore, forse eguale all’incessante sforzo di quest’uomo. Senza un motivo particolare o forse per la sua astuzia, fu costretto per un tempo senza fine a far rotolare una roccia immensa su una collina, e inevitabilmente questa, sarebbe caduta a causa della gravità, e il ciclo sarebbe ricominciato.
Questo destino riflette l’assurdità della vita stessa, dove l’impegno e tenacia nel compimento della missione si traduce in una condizione di vita ‘insensata’, come sostiene Albert Camus.
L’intento di ritornare alla vita ricorda lo stesso movimento del trasporto della roccia, dal basso verso l’alto, ora costretto ad esercitare la sua massa e spirito a controbattere l’inverso. Egli così è obbligato a compiere questo atto e affrontare incessantemente il fallimento che riprende senza esitazione. Anche se il mito simboleggia l’impossibilità di collisioni tra la vita e la morte, rappresenta anche la determinazione e accettazione di una condizione destinata, ovvero quella della stessa umanità. La roccia arriverà sempre in un punto di stallo, così eventualmente cadere, indicando lo stesso flusso degli eventi della vita.
Edoardo Iodice
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