La Resistenza: lettere partigiane, tra speranza e ricordo
La Resistenza, il 25 aprile, ha restituito la libertà all’Italia. Non si tratta di un rito passato, anzi. È tutto da ricordare, soprattutto per quanti sono morti combattendo per la propria patria.
Sono tante le lettere rese pubbliche dai familiari di chi ha perso la vita, commoventi e struggenti, dimostrano l’indomita volontà di battersi per l’Italia.
Tra queste, in seguito una parte di una lettera che un uomo, all’epoca molto giovane, scrisse alla famiglia. Quel ragazzo riuscì a salvarsi, per miracolo, ritenuto morto dopo essersi nascosto.
Ancora oggi i familiari rileggono quelle righe scritte su una carta quasi consumata dal tempo, piegata e ripiegata più volte, ingiallita dal tempo, conservata con cura tra i documenti di G.
“Cari mamma, papà e Marco, sono qui, ogni giorno è sempre più dura ma io resisto e non mollo per nessun motivo. Come vi ho già detto molte volte. Sono qui e qui resterò, anche se dovessi sacrificarmi, sono pronto a farlo. Sopravviviamo, nonostante la devastazione intorno.
Mamma puoi stare tranquilla, mangio, quando posso. Sono ancora abbastanza “in carne”, come dici sempre tu. Un solo favore vi chiedo, se dovessi morire, le mie cose datele ai bisognosi, nel terzo cassetto del mobile scuro in camera mia, troverete dei soldi, sono pochi ma potranno farvi comodo. Se dovesse succedere non piangete per me. Siamo innocenti. Moriremo da innocenti.
Se così non sarà, ci riabbracceremo, spero presto, più forti che mai, senza lasciarci più. Con infinito amore e affetto. G.”.
Sono parole struggenti ma al contempo ricche di significato, che rilette oggi hanno il sapore della storia.
In Italia i gruppi partigiani nacquero durante la Seconda Guerra Mondiale, dopo l’armistizio dell’8 settembre 1943, per iniziativa di antifascisti e di militari del dissolto regio esercito. Inizialmente composta da poche migliaia di uomini, la Resistenza assunse consistenza grazie alla vasta partecipazione di operai, contadini e dei giovani renitenti alla leva della Repubblica di Salò.
La Resistenza italiana si è caratterizzata per una sua particolare complessità.
Non è stata solo delle partigiane, dei partigiani del Corpo Volontari della Libertà che agivano nelle montagne e nelle città, ma di quelle unità italiane che combatterono e caddero nelle isole dell’Egeo, a Cefalonia, a Lero, a RodiIl giovane di cui parliamo, partì da Ischia, convinto più che mai a salvare e restituire dignità all’Italia.
Ricordiamo che si trattava di persone, padri, fratelli, sorelle, giovani, alcuni giovanissimi; ragazzi e ragazze scelsero, in un momento in cui erano appena adolescenti, da che parte stare.
È per questo che, non solo il 25 aprile, ma ogni giorno, tutte le lettere che raccontano storie di vita passata, silenzi, morte incombente, spesso rafforzata dalla fede o dalla passione politica, assumono un significato ancora più importante.
Il giovane partigiano ischitano racconta di come si viveva mentre la vita scorreva veloce, troppo e talvolta non si riusciva nemmeno a pensare. Eppure il tempo per scrivere un piccolo frammento di vita vissuta, si trovava. Magari seduti a terra dietro ad una montagna di pietre disposte in modo irregolare una sopra l’altra. Oppure di notte, quando piombava il silenzio intorno a se e tutto faceva ancora più paura. Una paura silenziosa, di cui non si parlava, ma che viveva latente negli animi tormentati di chi non smetteva di combattere.
E difatti spesso si leggeva: (…) “Io sono calmo e sereno, state tranquilli anche voi, non ho paura”. (…) stringo tutti voi in un abbraccio che non si scioglierà mai più”.
Parole scolpite nel cuore, di chi le legge con orgoglio, ancora oggi.
Cosa non da poco perché durante la lettura sembra quasi di entrare in ogni singola storia. Parole che danno dignità ad un Paese che spesso (troppo spesso) dimentica il proprio passato storico.
Gerardina Di Massa
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