Cornici Private dice no alle foto dei bambini sui social
“Metteresti tuo figlio per strada?” questa la domanda provocatoria che sta muovendo la protesta di un gruppo di studenti dell’Istituto Europeo di Design (IED) di Roma.
I ragazzi hanno disseminato Testaccio e altre vie della Capitale con fotografie di bambini incorniciate, accessibili a tutti, per dimostrare come esporre i volti dei propri figli sui social media non sia diverso dall’esporli pubblicamente in strada, alla mercé di chiunque.
Sul retro delle cornici, una domanda e un QR code che rimanda al sito del progetto “Cornici Private”. Sulla pagina, una disturbante sequela di immagini di bambini – rigorosamente ricreate con l’Intelligenza Artificiale – per sensibilizzare sui rischi a cui si può andare incontro mettendo in mostra i minori sul web.
Il dibattito ormai va avanti da anni, e la consapevolezza sul pericolo di esporre i bambini sui social sta crescendo, eppure ancora milioni di genitori in tutto il mondo continuano a pubblicare fotografie dei propri figli, insieme a informazioni personali, noncuranti di chi possa intercettare quei materiali e utilizzarli in maniera impropria.
Non a caso, il progetto è stato chiamato “Cornici Private”: le immagini dei bambini, i loro dati personali o semplicemente gli aspetti della loro quotidianità dovrebbero restare privati. I genitori, in quanto tutori e garanti della loro sicurezza, dovrebbero evitare che tali informazioni finiscano nelle mani di malintenzionati e, soprattutto, garantire il loro diritto alla privacy.
Il fenomeno dello sharenting – neologismo che fonde le parole inglesi to share, condividere, e parenting, fare da genitore – sta diventando sempre più diffuso e allarmante, fino a qualche anno fa collegato soprattutto alle celebrità, oggi purtroppo attuato da chiunque. Il web è pieno zeppo di mamme influencer account di famiglia che condividono giorno per giorno cosa accade tra le mura domestiche e non solo, rivelando dettagli privati che minano la sicurezza e la privacy dei minori.
Non solo Chiara Ferragni e gli altri VIP, dunque, ma anche i genitori qualunque mettono alla mercé degli estranei le immagini dei propri bambini.
Cosa c’è di male nello sharenting? Innanzitutto, priva i giovani del diritto alla privacy e, spesso, anche della dignità. Per un pugno di like molti genitori pubblicano foto e video potenzialmente umilianti che potrebbero scatenare l’ilarità del pubblico ma non dei diretti interessati, nella maggior parte dei casi troppo piccoli per saper analizzare contesti e reazioni. Inoltre, nel caso di numerosi account l’immagine dei figli corrisponde a un vero e proprio lavoro retribuito, visto che su alcuni social la visibilità paga, e se non è l’app a farlo ci sono gli sponsor. Lavoro minorile, dunque, di cui i ragazzi non vedono un centesimo, ma di cui l’intera famiglia beneficia.
Infine, la ragione più ovvia, nonché la più aberrante: le fotografie dei minori sono disponibili ai malintenzionati, ai pedofili che ormai non devono più ricorrere a chissà quale espediente per procurarsi materiale pedo-pornografico. È tutto accessibile sul web gratuitamente.
È evidente, dunque, che bisogna fare qualcosa per proteggere i minori. Recentemente, l’Alleanza Verdi-Sinistra ha presentato alla Camera dei Deputati una proposta di legge intitolata “Disposizioni in materia di diritto all’immagine dei minorenni”, per limitare quanto più è possibile il fenomeno dello sharenting e le sue conseguenze dannose.
La proposta legislativa si muove in tre direzioni:
1. l’obbligo per i genitori di informare l’AGCOM – Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni – tramite una dichiarazione firmata da entrambi. In questo modo si spera di rendere la condivisione delle immagini più consapevole e soprattutto legalmente filtrata;
2. il deposito degli eventuali guadagni ottenuti dall’immagine dei figli in un conto corrente intestato proprio ai minori. Il fondo, accessibile con la maggiore età, garantirà una tutela finanziaria dei diritti del minore;
3. il diritto all’oblio digitale a partire dai 14 anni d’età. Ciò implica che i minori, a partire dal loro quattordicesimo compleanno, potranno richiedere la rimozione dal web di tutti i contenuti di cui sono stati protagonisti, esercitando così il loro diritto alla privacy e all’autodeterminazione.
La campagna ideata da Giorgia, Costanza, Francesca, Giorgia e Daniele, i giovani di “Cornici Private”, è perciò encomiabile e condivisibile: pubblicare continuamente foto e informazioni relative ai bambini li rende vulnerabili, è come venderli in piazza. Da genitori, smettiamo di privarli della propria sicurezza e, da utenti, smettiamo di interagire con i contenuti che li riguardano.
Claudia Moschetti
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