Perché l’abbandono universitario sta aumentando?
Uno studente su tre abbandona l’Università. In un futuro non molto lontano molte università chiuderanno i battenti e le restanti diverranno delle soccomberanno ai meccanismi di mercato per poter sopravvivere.
Gli investimenti statali non sono sufficienti ma un paese senza istruzione è un paese senza futuro.
Secondo quanto riportato dai dati ANVUR (Agenzia nazionale di valutazione del sistema universitario nazionale e della ricerca) il tasso di abbandono universitario (in questo caso tra il I e il II anno di corso) è aumentato moltissimo dal 2019-20 al 2020-21. Come evidenziato dal grafico, si passa da un tasso del 11,7% al 14,5% per i corsi di primo livello triennali; dal 6,5% all’8,2% per il ciclo unico e dal 5% al 7,3% per i corsi biennali di II livello. Un aumento molto preoccupante che si registra anche terminata la triennale (anche se con percentuali minori).
Le cause sono evidenti e concatenate ed il fatto che il governo non se ne voglia occupare (o finga di occuparsene) è l’emblema di un paese che ha perso ogni prospettiva per il futuro e che non crede nell’istruzione.
Avremmo l’imbarazzo della scelta, ma partiamo dagli investimenti statali.
In termini di incidenza sul PIL, la media europea è dell’1,3% e dell’1,5% nei Paesi Ocse: quella italiana è ferma all’1%. Sul fronte della spesa pubblica, il nostro Paese dedica all’università l’1,5% degli introiti, molto al sotto del 2,3% messo in campo dall’Unione europea e del 2,7% dell’Ocse.
Lo Stato italiano contribuisce quindi al 61% della spesa per l’istruzione universitaria, rispetto al 76% dell’Ue e al 67% dell’Ocse. Il restante è a carico delle famiglie, per il 33%, in contrasto con il 14% dell’Ue e il 22% dell’Ocse.
Dopo tutte le proteste e le settimane passate in tenda da parte di molti studenti, il governo stanzia 300 milioni in tutto e 36 milioni aggiuntivi per le borse di studio. Per non parlare del “gioco delle tre carte” operato con il Pnrr, che aggiunge fondi da una parte sottraendoli dall’altra.
Il costo a carico delle famiglie e degli studenti è conseguentemente aumentato: secondo il report Universitari al verde, realizzato dall’Unione degli universitari (Udu) e Federconsumatori, uno studente in sede spende in media all’anno 9.379 euro, pendolare 10.293 euro annui, 17.498 euro se fuorisede. Un aumento di 5.ooo euro rispetto ai dati Udu 2021.
Gli idonei non beneficiari nelle residenze Edisu sono moltissimi (se nel 2021/22 erano 5.100, nel 2022/23 ammontano a 4.974, coperti con 17,4 milioni di euro da DL Energia e PNRR elemosinato dagli enti che non avevano utilizzato l’intera voce) e come se non bastasse i prezzi degli affitti e in generale del costo della vita non cessano di aumentare. Anche lavorare part-time non spesso non basta a coprire le spese enormi (oltre al sottrarre un quantitativo di ore non indifferenti allo studio).
Non bisogna dimenticare poi il materiale didattico, totalmente a carico dello studente: in media i libri di testo per Medicina costano 1930 euro mentre quelli di Giurisprudenza 411,50€ e Lettere 431€.
Ci sono poi le tasse universitarie che oggi in Italia, secondo i dati dell’Ustat, si aggirano in media attorno ai 1.463 euro. Anche in questo caso il Nord risulta più caro: qui si paga in media 1.761. Il tutto si calcola in base all’ISEE ed alcune fasce risultano totalmente e parzialmente esonerate dal pagamento, tuttavia la soglia ISEE entro la quale si può godere di questo sgravo è veramente bassissima (20.000 euro di ISEE).
Il PNRR poneva, nell’aprile 2021, degli obiettivi relativi al diritto allo studio ai quali sarebbe corrisposto un importante investimento: 1,460miliardi di euro. Di questi 500 milioni di euro con l’obiettivo di incrementare importi e numero di borse (300mila borsisti nel 2023 e 336 mila borsisti entro il 2024). Sorpresa sorpresa, nulla è accaduto. Nel 2022-23 sono state coperte circa 250.000 borse con un aumento complessivo in 4 anni di soli 30mila idonei (quando nel 2021-22 erano 5.000).
Ma la borsa di studio (per i pochi fortunati) copre totalmente o sufficientemente i costi complessivi? Prendendo come esempio uno studente fuorisede assegnatario, su una media di CT totali annui di 11.336 euro, la borsa lascia scoperti 4.679 euro.
Come detto, i finanziamenti statali per le università pubbliche non sono minimamente sufficienti. A ciò è negli anni seguito il contributo sempre più importante di fondi di finanziamento privati.
Le Università aprendosi al capitale privato hanno dovuto sottostare in parte alle decisioni dei finanziatori, che hanno imposto criteri di rendimento, performance e trasparenza che hanno ben poco a che fare con quello che dovrebbe essere il compito dell’istruzione e molto più a che fare con i meccanismi di mercato.
Le prospettive nell’arco di qualche anno sono ben chiare ed inevitabili. Le Università diverranno vere e proprie aziende totalmente in mano a privati (con la scomparsa conseguente di facoltà che non vendono come per esempio Lettere, Filosofia…) ed il diritto allo studio sarà appannaggio di pochi benestanti prevalentemente risiedenti al Nord. Potrebbe addirittura iniziare a farsi strada il meccanismo di prestiti bancari tanto utilizzato in America (che porterebbe molti studenti a dover poi vivere per saldare quel debito universitario che avrebbe dovuto garantirgli un futuro migliore anche sul piano economico).
Sofia Seghesio
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