Elezioni Europee concluse: qualche osservazione
Fare previsioni sul destino dell’Europa è ora come ora impossibile ma buttare un occhio a quello che accade nei singoli paesi e quali sono le principali tendenze potrebbe aiutare.
Andando a vedere la composizione del Parlamento Europeo precedente e quella attuale, nulla sembra cambiato. O per lo meno nulla balza all’occhio.
Quella che sembrava la previsione più probabile e più temuta, ovvero il prevalere delle destre radicali, non si èavverata. La maggioranza dei partiti filoeuropeisti (S&D, Epp e Renew Europe) che in questi anni ha sostenuto Ursula von der Leyen ha retto botta: nonostante S&D e i liberali di Renew Europe abbiano perso qualche seggio, possono raggiungere con Epp la maggioranza assoluta.
Sarebbe però da incoscienti ignorare i risultati degli altri partiti europei, perché indice della tendenza che alcuni paesi europei stanno prendendo di recente e che potrebbe un giorno riflettersi in misura importante in parlamento europeo. Il partito dei Green ha subito un tracollo sostanziale, passando da 71 a 53 mentre ECR e ID, i due gruppi di destra estrema europea, salgono rispettivamente da 69 a 73 e da 49 a 58.
Come detto, questi risultati sono il per ora debole riflesso di ciò che invece si è verificato in paesi come la Francia e la Germania in versione quadruplicata.
In Francia si ha la vittoria schiacciante del partito RN guidato Jordan Bardella (erede dei Le Pen padre e figlia) , che ha preso il doppio dei voti del partito dell’attuale presidente della Repubblica Macron. Il risultato ha persino spinto il presidente francese ad annunciare lo scioglimento dell’Assemblea Nazionale ed elezioni anticipate.
Il pattern politico francese ci è tristemente famigliare: la forza di Rassemblement National sta nell’aver saputo dare una soluzione “facile e veloce” ai problemi e alle criticità della nazione. Forte contrasto all’immigrazione, politiche semplicistiche che sanino il disagio sociale e diminuiscano le violenze con un tocco di sano nazionalismo ed evocazione agli antichi fasti della grande Francia (famigliare?).
A questo si aggiunge un’efficacissima comunicazione mediatica: Bardella non solo usa le piattaforme social ma è soprattutto capace ad utilizzarle, il che ha permesso di avvicinare l’elettorato più giovane (mi risparmierò l’utilizzo di termini quali: boomers, Gen Z e influencer…ma è di quello che stiamo parlando). Attenzione! Macron non sta rinunciando al suo ruolo politico: la rielezione riguarderebbe infatti il capo del governo (ovvero il primo ministro), che è diverso dal capo di stato (che è Macron).
In Germania la situazione risulta ancora più allarmante: SPD (Partito Socialdemocratico di Germania) è stato superato da AfD diventando il secondo partito più votato. Sapete da chi? Anche in questo caso da giovani: secondo le rilevazioni Infratest Dimap la fascia tra i 16 e i 24 anni ha votato per il 16% Afd, per il 17% la Cdu-Csu, per l’11% i Verdi e per il 28% partiti minori.
Tra i più giovani l’ultra-destra ha registrato l’incremento maggiore con un +11%, mentre i Verdi hanno perso il 23% rispetto a cinque anni fa.
Insomma a votare a destra pare non siano solo le vecchie generazioni, ma in alcuni paesi anche le giovanissime. E tra i giovani soprattutto gli uomini.
L’Economist ha comparato dati provenienti da 20 nazioni ricche, tra cui l’Italia, osservando come i giovani uomini stiano diventando sempre più conservatori, mentre le giovani donne sempre più progressiste.
Di fronte al MeToo e a una figura femminile pronta a lottare per i propri diritti la misoginia e i pregiudizi maschili sembrano rafforzarsi.
Ruolo centrale è poi quello di piattaforme come Instagram e TikTok, dove non è difficile imbattersi in video (molto in voga in Francia ad esempio) in cui imparare “come diventare un vero uomo e ritrovare la propria mascolinità” proposti da se dicenti coach di seduzione o simili. Inoltre come ben sappiamo l’algoritmo dei social è programmato per mostrarci contenuti simili a quelli con cui siamo abituati a interagire, con una conseguente polarizzazione che porta a mettere in discussione non solo l’interpretazione dei fatti, ma persino i fatti stessi (che non tutti conosciamo più allo stesso modo).
Sicuramente avrete visto il celebre grafico che mostra quali sarebbero stati i risultati delle elezioni se a votare fossero stati solamente gli studenti fuorisede (politicamente attivi): il primato lo avrebbe avuto Alleanza Verdi e Sinistra, seguito poi da PD, M5S e solo dopo da FdI.
È un risultato che non sconvolge, dato il totale disinteresse verso politiche giovanili da parte dei partiti di destra. È però molto probabile che, vista la grande influenza degli under 30 in Francia e Germania, Meloni non tardi a rivolgersi proprio a questo tipo di elettorato.
L’astensionismo ovviamente la fa da padrone: la perdita di fiducia nelle istituzioni politiche dei più vecchi sommata al totale disinteresse politico dei più giovani ha creato un mix letale che ha portato solo il 49% degli aventi diritto a non votare.
Fatta eccezione per una ristretta cerchia molti under 30 non vedono le vicende politiche come qualcosa di loro interesse, che possa tangere anche solo in minima parte la loro vita. Insomma con grande sorpresa i figli della generazione che ha vissuto la perdita di fiducia nei confronti dei partiti e delle loro promesse (ovvero la generazione del post boom economico e post tangentopoli) non votano. I figli dell’astensionismo, cui la scuola non è riuscita a far comprendere importanza della partecipazione, non vota. Sconvolgente.
I partiti dal loro lato (almeno fino a poco tempo fa) non hanno dato segno di voler interessare le nuove generazioni, puntando invece sui temi che l’elettorato certo e maggiormente prevedibile aveva a cuore. Il problema è che a lungo andare quell’elettorato è morto o si è distaccato poiché disilluso e a tenere botta sono quei partiti con idee radicali e col “pugno duro”. Rappresentanti politici che infondono la sicurezza del padre padrone che con le buone o con le cattive prima o poi le cose le mette a posto…non è chiaro a che prezzo però.
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