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Essere donna, essere childfree 

In Italia definirsi childfree è un gesto coraggioso che richiede un vero e proprio coming-out: ma perché l’esercizio della propria libertà riproduttiva genera così tanto scandalo? 

Con il termine childfree si indicano tutte le persone che, consapevolmente e volontariamente, decidono di non avere figli e di vivere la propria vita senza prole al seguito.

È una libera scelta, individuale e ponderata, al contrario di chi è childless, ossia chi un figlio lo avrebbe desiderato ma che, per motivi biologici o personali, non è in grado di riprodursi. 

Altri due termini da conoscere sono i No Kidding People, i childfree che non desiderano figli perché vedono il mondo come un luogo precario e senza possibilità di un futuro felice, e i DINK (Double Income No Kids), coloro che non vogliono una prole al momento, ma non escludono di averla nel futuro. 

Il problema delle donne childfree è che vengono viste come una sorta di abominio sociale: fare figli è una sorta di “diritto femminile” e la società si accanisce sul ruolo di genere socialmente imposto e alla sua performatività dell’utero. La donna è fattrice, madre, genitrice, ma anche nonna e figura di riferimento nelle pratiche di accudimento e cura. E da questa logica difficilmente ci si allontana. 

Quando si dice che non si vogliono avere figli, inizia la corsa al senso di colpa, al terrorismo psicologico e, soprattutto, allo spettro della solitudine in terza età. «Chi si prenderà cura di te quando sarai anziana?», è l’incipit di una logica tossica, come se un figlio potesse essere un surrogato del welfare statale.  

Per inciso, nessuna ricerca scientifica ha dimostrato l’esistenza di un istinto materno impiantato cerebralmente come un chip, o di un orologio biologico ticchettante. 

Ma tutto cambia quando il childfree è un uomo: lo stigma non colpisce, ma diventa lo scapolo d’oro, oppure l’uomo promiscuo e irresponsabile che la società critica ma contestualmente incoraggia. L’uomo può esercitare l’autodeterminazione e il suo diritto riproduttivo; la donna, al contrario, no, sia che si tratti di procreare che di abortire. 

La donna childfree è una donna che rinuncia o che riconquista i suoi spazi?
Direi la seconda, dato che è una delle infinite possibilità di aumentare la propria consapevolezza sulla riscoperta delle potenzialità al di là del ruolo tradizionale di genere, mettendo al centro anche aspetti economici e la possibilità di carriera. 

Secondo un’indagine GFK la maggioranza delle donne childfree sono del centro-nord Italia, sentimentalmente impegnate, laureate, con un reddito medio-alto, imprenditrici, lavoratrici autonome o dirigenti, hanno una vita sociale molto attiva, molti hobby e con un alto livello di cultura personale, un buon sistema immunitario e spesso mangiano in modo eco-sostenibile. 

Le donne childfree sono più felici? Può essere, dato che la loro felicità non dipende solo dalla presenza o meno di un figlio da accudire. Sicuramente non sentono la pressione sociale e culturale del ruolo materno, consapevoli di essere già complete e realizzate a prescindere. Sanno che l’istinto materno non è una condizione genetica, e che la vita è fatta anche di sano egoismo. Si può essere felici anche senza figli. 

Elisabetta Carbone

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Elisabetta Carbone

Sono Elisabetta Carbone, classe ’93, milanese di nascita ma cittadina del mondo. Mi sono diplomata al conservatorio per scoprire che volevo laurearmi in storia. Mi sono laureata in storia per scoprire che volevo laurearmi in psicologia. Dopodiché ho scoperto la sessuologia, ma questa è tutta un’altra storia. Non faccio un passo senza Teo al mio fianco, la mia anima gemella a 4 zampe. Docente, ambientalista, riciclatrice seriale, vegetariana.
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