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Italia, oltre il 25 aprile e il 2 giugno

Dal giorno della proclamazione del Regno d’Italia (17 marzo 1861), sono molte le date che si insegnano a scuola e che continuiamo a dimenticare, trovandoci ogni anno a cercare sul calendario i giorni rossi in cui poter partire per un ponte o prendere una pausa dal lavoro.

Distratti, dal primo gennaio, veniamo bombardati da “Ecco i ponti dell’anno!”, “Con quattro giorni di ferie, potrai avere 13 giorni di vacanza” e così via. Tutto vero.

Anche quest’anno ci è andata piuttosto bene con i “giorni di vacanza” – non per i freelance, e non per il clima. Ma queste sono altre storie.

25 aprile 1943

Ci svegliamo il 25 aprile e ci diciamo che “Viva la liberazione!” e che siamo tutti antifascisti. C’è chi, su questo punto, continua a fare una certa fatica, balbettando risposte poco convincenti e ancora meno costituzionali, nascondendosi dietro a domande che tentano di mettere in difficoltà l’interlocutore-avversario e non fanno altro che alimentare una discussione infinita che si sarebbe potuta chiudere con un “Lo sono”. Due parole, ma troppo sforzo. Anche questa è un’altra storia.

Il 25 aprile non siamo tutti antifascisti, ma per fortuna c’è chi lo è stato, chi lo è e chi l’ha messo per iscritto nella Costituzione più bella del mondo: la nostra. Nella storia dell’Italia contemporanea, ci sono delle date che non vanno dimenticate e che andrebbero festeggiate sì quel giorno, ma commemorate molto più spesso.

Una di queste è proprio il 25 aprile 1945: Festa della Liberazione. Giornata in cui Milano e Torino furono liberate dalle forze militari antifasciste e Sandro Pertini parlò a radio Milano per proclamare la resistenza al nazifascismo. Non camicie nere, ma urla di rivolta, giovani in piazza, staffette partigiane, persone che hanno rischiato la vita per portare un foglietto di carta e l’hanno nascosto per chilometri sotto la suola della scarpa, pedalando veloci e tremando di paura. Dovrebbero andare a loro i nostri pensieri, in un corale “Grazie per averci liberato” e per averci fatto crescere in un Paese in cui non abbiamo dovuto fare lo sforzo di liberarci da soli, ma possiamo almeno provare a non vanificare il vostro.

2 giugno 1946

Un’altra giornata da stampare nella memoria è il 2 giugno 1946, il primo referendum istituzionale e la proclamazione della Repubblica Italiana, finalmente. Quella mattina, L’Avanti di Milano, pubblicò in prima pagina il titolo “tutti alle urne”. Il 2 giugno 1946, il popolo italiano, incluse le donne, si recò alle urne per votare, scegliendo, tra monarchia e repubblica, la futura forma istituzionale da dare all’Italia. La repubblica vinse con 12.718.641 voti. Per la monarchia, votarono 10.718.502 cittadini. Lo stesso giorno, si votò anche per i rappresentanti dell’Assemblea Costituente.

Il 13 giugno, il Consiglio dei Ministri indicherà il democristiano Alcide De Gasperi come Capo provvisorio dello Stato e cinque giorni dopo, il 18 giugno, la Corte di Cassazione proclamerà la nascita della Repubblica italiana, non senza le resistenze dell’ex famiglia sovrana Savoia e denunce di brogli da parte dei simpatizzanti monarchici.

1 gennaio 1948

Un anno e mezzo dopo, nel gennaio 1948, sarebbe entrata in vigore proprio quella Costituzione di cui parlavo prima, stabilendo le basi del nuovo ordinamento democratico. Articolo 1: si enunciano principi come il lavoro, la libertà e l’uguaglianza, anche se sono stati messi in discussione più di una volta. Ancora oggi, tutti li proclamano, ma nessuno li difende, costantemente minacciati da disoccupazione, cervelli in fuga, invecchiamento della popolazione, e poi accuse di censure, gender gap, diritti non consentiti, mura alte e strade chiuse, polemiche e passi indietro.

Lì dove il popolo ha scelto la repubblica, l’Europa, il divorzio, il diritto all’aborto, la necessità di maggiore salvaguardia sul posto di lavoro, la polemica si fa sempre più feroce e il narcisismo più odioso. “Tutti alle urne” era la frase che apriva l’edizione dell’Avanti del 2 giugno di 78 anni fa. Ancora oggi, l’invito resta lo stesso. Alle urne, nelle piazze, tra i banchi di scuola.

Stefania Malerba

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Stefania Malerba

Sono Stefania e ho poche altre certezze. Mi piace l’aria che si respira al mare, il vento sulla faccia, perdermi in strade conosciute e cambiare spesso idea. Nel tempo libero imbratto fogli di carta, con parole e macchie variopinte, e guardo molto il cielo.
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