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4 cose sull’ansia che ci insegna Inside Out 2

Era dall’uscita del trailer di Inside Out 2, il grande atteso sequel del famoso film Pixar sulle emozioni, che tutti aspettavamo impazienti di incontrare Ansia sul grande schermo.  Qui di seguito, cercheremo quindi di riassumere quattro degli insegnamenti più importanti che il film ci ha rivelato sul funzionamento dell’ansia. 

Nonostante Inside Out 2 ci presenti in tutto ben quattro nuove emozioni (oltre ad Ansia, conosciamo Imbarazzo, Invidia e Noia), che accompagneranno il percorso di Riley dall’infanzia all’adolescenza, Ansia è stata dal principio quella che più di tutte ha attirato l’attenzione del pubblico e fatto scalpitare i social, oltre a essersi poi effettivamente rivelata la protagonista della rivoluzione interiore che Riley affronta nel film. 

Ammettiamolo quindi: molti di noi si sono precipitati nelle sale cinematografiche italiane, a partire dal 19 giugno 2024, proprio per vedere questa emozione sempre più diffusa nella società moderna, finalmente personificata. Avevamo bisogno di darle un volto, che ora è arancione, con la chioma elettrizzata e gli occhi sbarrati. Volevamo sentire come parla questa emozione che a volte viene a bussare alla nostra porta, come ragiona, come giustifica il suo operato. Insomma, volevamo capirci qualcosa di più! Lo stigma sociale intorno alla salute mentale è infatti ancora piuttosto radicato, come lo sono ancora tanti pregiudizi e stereotipi che ruotano intorno alla figura dello psicologo, e si sa, lo stigma è spesso legato alla mancanza di conoscenza e di informazioni. Di fatto, nonostante tutti gli esseri umani siano dotati di un corredo emotivo, e lo portino con sé dal primo all’ultimo momento della propria vita, spesso sono totalmente inconsapevoli del funzionamento delle proprie emozioni: della loro funzionalità, di cosa le innesca e cosa vogliono comunicare quando le si prova. 

“Siamo emotivamente analfabeti. Memorizziamo le formule matematiche, ma non sappiamo nulla di ciò che muove le persone.” Scene da un matrimonio di Hagai Levi 

Di conseguenza, la divulgazione del tema dell’attenzione al benessere mentale è molto importante, e lo è ancor di più che raggiunga un pubblico ampio. È per questo che, quando l’industria culturale mette il suo motore al servizio di questa causa, il risultato non può che essere assicurato: la magia delle colorate animazioni e il linguaggio dell’intrattenimento cinematografico, diventano il filtro per la diffusione di informazioni scientificamente accurate, rendendole così accessibili a tutti. La Pixar ha infatti collaborato con un team di esperti nel campo della psicologia e delle neuroscienze per far sì che il film rappresentasse accuratamente, seppur in una veste fantasiosa, le dinamiche emotive. Quelle legate all’ansia sono le dinamiche che andremo ad analizzare di seguito, ma attenzione agli spoiler, perché per comprenderle meglio, lo faremo con scene del film alla mano!

  1. Può non farci sentire noi stessi a volte

Quando la nostra mente è affollata da pensieri basati su ansie e preoccupazioni, la nostra percezione della realtà cambia: tutto appare più pericoloso e dietro l’angolo sembra sempre nascondersi qualche catastrofe incombente. Per cercare di evitarla, o per non farci trovare impreparati, anche il nostro comportamento si modifica: entriamo in modalità difensiva e catalizziamo tutta la nostra attenzione sull’ipotetico futuro pericolo, dimenticandoci di godere dei momenti presenti. Per questo, l’ansia può non farci sentire noi stessi a volte. Può capitare di essere poco interessati verso quell’attività che prima ci riempiva di entusiasmo, di evitare situazioni conviviali che abbiamo sempre affrontato con spensieratezza, o persino di trascurare le persone che amiamo.

Proprio come è successo a Riley, che, nel nervoso tentativo di farsi accettare dalla coach e dalle popolari giocatrici della squadra di hockey del suo futuro liceo, volta le spalle alle care amiche Bree e Grace. Poco prima, Ansia aveva infatti monopolizzato la console al comando della mente di Riley e, per scampare alla disastrosa proiezione che la immaginava esclusa e infelice nella sua futura scuola, l’ha indotta a modificare la sua personalità. Proprio in questi momenti in cui facciamo fatica a riconoscerci, però, è importante ricordare che l’ansia non ci definisce. Soprattutto, che tutte le nostre passioni, l’amore verso i nostri cari e l’insieme dei valori in cui ci identifichiamo, fanno ancora parte di noi. Anche se facciamo fatica a “sentirli”, troppo impegnati a combattere contro una minaccia immaginaria, sono dentro di noi, al sicuro, mentre aspettano che l’ansia smetta di rubare tutta la nostra attenzione.

  1. Tutte le previsioni che ci propone sono fatte di immaginazione

Ve la ricordate immagilandia? È la sezione della mente di Riley che ospita i prodotti della sua immaginazione. L’avevamo già incontrata nel primo Inside Out, e la ritroviamo adesso nel sequel, ma è un po’ diversa da come la ricordavamo: da luogo incantato, che intratteneva la Riley bambina tra il castello delle principesse, la città di nuvole e la foresta di patatine fritte, con l’avvento dell’adolescenza si  trasforma piuttosto nel quartier generale di Ansia. Un luogo cupo, in cui gli operatori della mente lavorano senza sosta, isolati ciascuno nel suo cubicolo, per produrre possibili scenari negativi da presentare a Riley, affinché possa essere sufficientemente pronta ad affrontarli tutti. Per quanto triste, questa è una scena dalla potenza sconfinata! Non è un caso infatti, che sia stata scelta proprio questa zona della mente di Riley per realizzare tutti i possibili risvolti negativi che l’ansia ci fa vagliare quando appanna la nostra mente: il motivo è che tutte le previsioni che ci propone sono fatte di immaginazione. Insomma, la funzione di immagilandia può cambiare, ma la sostanza è sempre la stessa: sono solo pensieri, mai fatti. Questo concetto può rivoluzionare il modo in cui ci rapportiamo all’ansia. Spesso infatti, crediamo erroneamente che pensare ad un evento negativo stia ad indicare una maggiore probabilità che esso si verifichi, ma la verità è che i nostri pensieri non sono la realtà e la nostra mente non ha il potere di prevedere il futuro. 

“Pensare ad un evento negativo non incide nella probabilità che questo accada, allo stesso modo che pensare alla pioggia non incide nel meteo.” Dott.ssa Elena Mannelli

Ma allora perché la nostra mente chiama a rapporto l’ansia e ci propone questi scenari? Lo vediamo nel prossimo punto!

  1. Viene per proteggerci

I dubbi circa l’impatto sociale di Inside Out 2 non possono che crollare alla vista di come Ansia è stata presentata nel film: l’esserino arancione non è stato disegnato con le fattezze di un personaggio malvagio, né tantomeno ne ha le intenzioni, e così doveva essere. Nel pensiero collettivo, l’ansia è una diabolica disturbatrice che bisogna combattere, o che, peggio ancora, non ha nessuna utilità. Tuttavia, nel film non l’abbiamo mai sentita pronunciare le parole: “Sono venuta a rovinare la vita di Riley”. Il motivo è che, per quanto possa farci star male, innescando sintomi fisici e cognitivi fastidiosi, l’ansia viene solo per proteggerci. Il suo obiettivo è prepararci al peggio, ed è da qui che nascono le proiezioni negative.

Neppure la scelta di far rinchiudere le altre emozioni di Riley fa di Ansia un personaggio maligno, perché temeva potessero vanificare i suoi sforzi per aiutare la ragazza ad adattarsi ad un nuovo contesto. Insomma, Ansia vuole solo il bene di Riley: vuole che sia felice e accettata nella sua futura scuola, e cerca di motivarla a raggiungere i suoi sogni in ambito sportivo. Tanto che, quando si accorge che le sue proiezioni hanno piuttosto trasformato Riley in una persona insicura e con poca fiducia in se stessa, appare sorpresa e delusa, perché il risultato era lontano dalle sue intenzioni.  Inside Out 2 ha dato quindi il suo contributo nel cercare di modificare la rappresentazione sociale dell’ansia: questa emozione merita di essere accolta e ascoltata, non scacciata. Per aiutarci in questa impresa, più che immaginarla come un mostro che vive in noi per disturbare la nostra serenità, possiamo pensarla come una mamma iper protettiva, animata da buone intenzioni, ma che, in quanto tale, spesso non ha il senso della misura.

  1. Dopo un attacco di panico torna sempre il sereno

Negli ultimi minuti di Inside Out 2 si è consumata, finalmente, la tanto attesa partita di hockey. Durante quest’ultima, però, Ansia ha messo Riley sotto pressione al punto da provocarle un attacco di panico. Questo momento, spesso complicato da spiegare a parole, è stato brillantemente rappresentato con un tornado, rigorosamente arancione, che ha messo a soqquadro il quartier generale nella mente di Riley, e non solo: si è esteso a tutta la sala cinematografica, coinvolgendo anche gli spettatori in un turbine, appunto, di emozioni. Una scena immersiva, o potremmo dire sensoriale, che ci ha guidati, col fiato sospeso, attraverso gli affannosi respiri di Riley, fino al ritrovato contatto con la realtà circostante: le mani cercano il legno della panchina su cui è seduta, l’udito si concentra sul rumore del disco da hockey che viene schizzato di qua e di là sul ghiaccio. Il brusio di fondo è ovattato e, a poco a poco, il tornado si affievolisce.

Un attacco di panico viene infatti spesso descritto dagli psicologi come una curva, che raggiunge un picco massimo, per poi decrescere spontaneamente, senza il bisogno che noi facciamo nulla per portare a termine il processo. Tutte le emozioni, ansia compresa, sono infatti temporanee. Anche se ci sembra che quelle più spiacevoli siano le più persistenti, tutte quante attraversano il nostro corpo come delle onde. Esattamente come quelle del mare, però, come nascono, si esauriscono. Dopo essersi calmata, Riley richiama attivamente Gioia al controllo della console, e si gode gli ultimi minuti della partita con le amiche Bree e Grace. Nel frattempo, il campo da hockey è inondato dal sole che comincia a penetrare dalle finestre, a simboleggiare che il sereno torna, sempre.

Attenzione: le rappresentazioni cinematografiche, sebbene utili per la divulgazione o attente all’accuratezza scientifica, possono semplificare argomenti complessi. Né Inside Out, né questo articolo possono quindi restituire la complessità delle nostre emozioni. Se si è in difficoltà, o semplicemente si vuole comprendere meglio il proprio mondo interiore, rivolgersi a professionisti sarà sempre la scelta più appropriata. 

Simona Settembrini 

Leggi anche: Inside Out 2: un sequel degno di evoluzione

Simona Settembrini

Simona Settembrini, classe 2001, laureata in “Culture Digitali e della Comunicazione”. Per descrivermi al meglio, direi che l’amore, in qualunque sua forma, è sempre al primo posto nella mia vita. Scrivo perché mi aiuta a rendere il mondo meno confuso e per mettere nero su bianco le mie emozioni e quelle degli altri, perché in fondo sono tutte uguali.
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